Camminata per Balducci. E il nipote va a Sky

Ricordo Duecento tifosi in marcia per ricordare il telecronista. Dopo Vittorio calciatore (Primavera del Como) ecco Angelo giornalista

Quella camminata strana..., avrebbe cantato Baglioni. Quella un po’ allegra e un po’ triste (inevitabile) che ieri, con 200 tifosi in maglietta celebrativa, ha ricordato la figura di Nino Balducci, lo storico telecronista del Como scomparso lo scorso aprile. Dallo stadio a Viale Geno, poi in città murata e su su sino a Sant’Abbondio, quartier generale dei festeggiamenti azzurri per i 115 anni di vita del Como, organizzati da Pesi Massimi e Associazione 25 Maggio.

Duecento persone che hanno permesso di raccogliere millecinquecento euro alla Associazione Quelli che Con Luca, tramite quota di partecipazione. Alle 9 c’era già Livio Prada, monumento azzurro, in sedia a rotelle per non stancarsi, commosso, che salutava tutti con affetto; alle 9.12 c’era Carlo Cartacci, esperto di calcio inglese, presto in libreria con un suo volume; alle 9.15 c’era Guido Martinelli di Asf; alle 9.20 ecco Gilardoni, ex team manager del Como. E via via, tanti tifosi. Con le tre figlie di Balducci in testa: Roberta, Manuela, Federica a dare la partenza.

Nel gruppo che si snodava sino alla Como Nuoto per poi tornare verso la città, anche un ragazzo biondo, capelli corti, faccia tosta. Chi è? Angelo Frusciante, nipote di Nino Balducci, figlio della primogenita Roberta.

Una storia tutta da raccontare, perché se Vittorio figlio di Federica ha riempito il cuore di nonno Nino di felicità arrivando a vestire la maglia del Como Primavera, Angelo ha risposto sull’altro fronte delle passioni di Balducci: il giornalismo. Si è laureato, è volato prima in Australia e poi in Inghilterra (alloggiava allo stadio di Wembley) per una specializzazione nel settore della comunicazione. E adesso è stato chiamato nello staff di GianLuca Di Marzio per cominciare a fare pratica nel calcio di Sky. Alla faccia del nipote d’arte: «Con nonno era bello andare a vedere le partite. Mi portava in sala stampa e, e anche se non era la serie A, io ho assaporato quel clima e quel mondo sin da piccolo e forse è per questo che mi è venuta la passione».

Camminando sotto il sole, la figlia Manuela raccontava: «Siamo felici di questa cosa, ma non è una giornata facile per noi. Troppo fresca la mancanza, l’istinto vorrebbe allontanare tutto. Ma, appunto, è l’istinto. Queste magliette fanno venire la pelle d’oca». Raccontava suo padre con bella autenticità: «Papà non era nostalgico nè retorico. Faceva tutto pensando al presente. Lo vedevo saltare come un grillo per una promozione dalla D, come faceva negli Anni Ottanta in A, ma il suo non era spirito emulativo per rivivere certe giornate. No: è che che godeva come allora. “Un tifoso c’è sempre”, ripeteva. E fuggiva via per le trasferte in D, da solo, con un panino in un sacchetto. I suoi preferiti? Gattuso, Ardito, i dirigenti dell’era Gattei, ma è difficile fare un elenco».

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