«Como e Cagliari, vi porto nel cuore. Che anno sul lago»

Oliveira, attaccante e trascinatore, è un doppio ex: «Ho amici da tutte e due le parti, ma mando un abbraccio ai tifosi lariani»

Dici Cagliari-Como e non puoi non pensare a lui. Lulù Oliveira. Cagliari e Como sono due suoi grandi amori, e questa partita rappresentò, nel 2002, qualcosa di molto speciale. Per lui e per il Como. E se si parla di serie B difficile, beh, quella che il Como vinse grazie ai suoi 23 gol non era certo molto meno complicata. Oliveira, 53 anni, oggi è nonno di tre maschietti, ha lasciato la Sardegna, ma il calcio è ancora la sua vita. E ogni momento della sua storia calcistica per lui è come fosse stato ieri.

Lulù, come stai?

Bene. Vivo da tre anni a Mirano, vicino a Venezia. Ora lavoro in una scuola calcio e sono felice. È bellissimo insegnare ai ragazzi, è bello vederli crescere, fanno tante domande, è una scuola di vita non solo di calcio. E mi fanno sentire sempre giovane.

C’è Cagliari-Como sabato.

Lo so, e naturalmente la guarderò. In Sardegna c’è grandissimo entusiasmo per l’arrivo di Ranieri. I tifosi volevano lui, solo lui. Ne conosco tanti, e so che per loro il suo ritorno è stato già una prima vittoria. E riempiranno lo stadio.

E il Como l’hai seguito in questi mesi?

So che ha avuto qualche problema ma che ha una buona proprietà. Onestamente ho visto diverse partite, ma il Como non ancora. Però ho amici che mi hanno chiesto la maglia di Fabregas, so che c’è entusiasmo anche li.

C’è da aver paura, per il Como, di questo cambio in panchina?

Credo che tutti, anche chi ha giocato meno, si daranno da fare di più per mettersi in mostra agli occhi dell’allenatore. Il problema del Cagliari, secondo me, è stato quello di essersi mosso in ritardo sul mercato. Non è facile assorbire velocemente una retrocessione, quando scendi i migliori se ne vanno e devi subito rimetterti a costruire. Il Cagliari ha aspettato troppo. Giocano benino, ma non hanno continuità.

Ranieri tu lo conosci bene, ma non l’hai avuto a Cagliari.

Fu lui che mi volle alla Fiorentina, per me è stata una persona molto importante. Si infortunò Baiano e Ranieri scelse me per giocare al fianco di Batistuta, gli devo tanto. È un tecnico bravissimo, ancora oggi. Ricordo che all’epoca Gianfranco Matteoli, legato alla Sampdoria, insisteva perché parlassi con Mantovani, che mi voleva in blucerchiato per giocare con Mancini. Mi offrivano tanti soldi, ma scelsi Firenze.

E fu una scelta giusta, come quella di venire al Como.

Como per me è stato qualcosa di magico. Preziosi aveva qualche dubbio, ricordo i nostri primi incontri. Si diceva che io avessi già la “pancia piena”, frase che secondo me veniva da Cellino, che mi aveva detto le stesse parole. Invece avevo tanta di quella fame... Facemmo un patto, in base al numero di gol che avrei segnato. Lui si fidò, al terzo incontro. Ma certamente non si aspettava che quei gol sarebbero stati molti di più.

Ma anche tu non ti saresti aspettato quello che è successo davvero.

Nessuno all’inizio dell’anno avrebbe pensato di salire, poi piano piano ci siamo resi conto che davvero avremmo potuto fare qualsiasi cosa. Perché c’era quel gruppo meraviglioso, il segreto è stato proprio quello. Un’unione incredibile tra di noi e anche, ci tengo a ricordarlo, la capacità di Dominissini di gestire al meglio la situazione. Nessuno all’inizio dell’anno avrebbe pensato di salire, poi piano piano ci siamo resi conto che davvero avremmo potuto fare qualsiasi cosa. È stata un’esperienza veramente unica, anche nel rapporto con la tifoseria.

Oggi giustamente si parla di una serie B difficilissima, e lo è. Ma anche voi non scherzavate: Napoli, Genoa, Sampdoria, Palermo, Bari, Reggina...

E il Modena e il Livorno di allora, c’era anche il Vicenza che a quei tempi era una piazza importante, e tanti stadi pieni e calorosi. Tutti dietro di noi.

E i tuoi ventitré gol.

Una risposta a chi aveva dubbi, a chi non credeva più in me. Quando segnavo avevo davanti non solo i difensori e i portieri avversari, ma anche Cellino che non mi voleva più al Cagliari, e Guidolin che l’anno prima a Bologna non mi faceva giocare. Però ricordo anche che qualcuno qui venne a scusarsi per aver avuto dubbi su di me all’inizio.

Non Preziosi, forse, visto come andò l’anno dopo.

Ancora non ho capito perché mi mandarono via. Non fu una scelta mia, forse pagai il fatto di essermi opposto all’idea di un cambio di allenatore, ero molto legato a Dominissini e ritenevo giusto che si dovesse dargli ancora fiducia. O il fatto che si scelse di portare qui altri giocatori, grande errore perché quel gruppo vincente andava solo rinforzato non distrutto. Fu un brutto colpo per me, ricordo che avevo già anche comprato casa a Como, vicino a Pedone. La stavo già arredando, persi pure la caparra...

Ci rimasero male anche i tuoi compagni.

Mi raccontarono, e questo pensiero mi fece molto felice, che quando ero appena arrivato al Catania, mentre il Como era in pullman al ritorno da una trasferta (a Parma, ndr) sentirono la notizia che Messina-Catania era finita 3-3 con una mia tripletta. E che sul pullman ci fu un boato, dei miei compagni. Questo era il nostro gruppo, e per questo ho sofferto.

Ma Como l’hai amata sempre.

Mi ha dato tanto e io ho dato tanto, credo. È sicuramente uno dei posti che mi sono più cari. Fu bellissimo quando tornai da allenatore della Pro Patria e lo stadio mi accolse con grande entusiasmo. Anche qui in Veneto mi sono portato la foto di quella serata.

E fu proprio di sera, proprio nel “tuo” stadio a Cagliari che tu segnasti il gol che fece vincere il Como e di fatto siglò la promozione in A conquistata la domenica dopo. Ci ripenserai sabato guardando la partita?

Ci penso spesso, chi se lo dimentica? Eravamo così affamati, così desiderosi di vincere, così forti... E io quella sera avevo una voglia ancora più forte di fare bella figura proprio lì, contro chi non mi aveva più voluto ma davanti a tanta gente che mi voleva bene, da una parte e dall’altra.

Anche con i tifosi del Como c’è stato un grande rapporto.

Stupendo. Ricordo che una sera, dopo una partita in Coppa Italia con il Venezia dove effettivamente c’era poca gente, la mia ex moglie mi chiese se davvero ero sicuro di voler giocare nel Como, davanti a così poco pubblico. Effettivamente ero abituato a stadi pienissimi, ma la cosa bella fu proprio vedere gli spalti riempirsi sempre di più. Ricordo anche a Como certi prepartita in cui già saliva l’emozione, mi sentivo come a vent’anni, come all’inizio. Mi spiace che quando me ne sono andato qualcuno abbia pensato che fosse colpa mia, ma la gente poi ha capito. E continua a volermi bene.

Lulù, ma tu giochi ancora, magari con gli amici?

No, solo qualche partita di beneficenza e comincio a prepararmi un mese prima... Però ce la faccio ancora a correre e ogni tanto a fare qualche gol.

Torniamo al presente. Forse sabato tiferai Cagliari...

Ho amici da tutte e due le parti, in Sardegna ho vissuto molto di più e conosco meglio quella realtà, chiaramente. Ma mi fa piacere se entrambe le squadre vanno bene. Il calcio mi piace sempre tanto, è la mia vita. Mi dispiace solo il fatto che il tempo passa e un po’ si perde la memoria di chi al calcio ha dato tanto e non sempre è stato ricambiato con la stessa onestà. Ma vivo felice. E mando un grande abbraccio a tutti i tifosi del Como, a cui vorrò sempre bene.

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