Como, falsa ripartenza: cosa è successo?

La partita Brutta partita al rientro dalla sosta: è mancata la prestazione, soprattutto in difesa (e a sorpresa). Inalterata la distanza dai playoff, si è accorciata quella dai playout: vietato rilassarsi (come lo scorso anno)

Che prima o poi la striscia positiva del Como si sarebbe interrotta era nella logica delle cose, specie un campionato molto difficile per tutti. Il punto dunque non è questo, o certamente non solo questo. Anche se la partita di Venezia non era forse quella più indiziata di questa fase per una possibile sconfitta.

Domanda

L’interrogativo vero però è un altro: che fine ha fatto il Como l’altro pomeriggio, che cosa è successo. Anche perché la partita di Venezia interessava per un altro motivo, oltre al risultato. Ovvero per capire come la squadra di Longo avrebbe approcciato questa ultima fase di stagione dopo una sosta a cui si è arrivati con diverse certezze che si credevano acquisite, con miglioramenti tangibili verificati sul campo domenica dopo domenica. La solidità difensiva, per esempio. Che non significa che non si dovesse mai più prendere gol dopo esserci riusciti per quattro partite di seguito, ma sicuramente che sembrava lontana l’ipotesi che si potesse ricascare in un crollo tale da prendere tre gol in dieci minuti scarsi, se si calcola il tempo giocato.

Incidente di percorso? Può essere, anzi è probabile. I difensori del Como hanno infilato una serie di partite positive che ne hanno evidenziato le qualità. Dunque viene più da pensare che la fase difensiva abbia patito quello che è stato l’atteggiamento generale della squadra. Che solo in avvio di partita ha dato l’impressione di essere in palla, e non a caso ha segnato proprio in quella fase. Poi è evaporata, dietro, in mezzo e davanti. E pure sulle fasce, perchè sia Vignali che Ioannou, grandi protagonisti in diverse partite precedenti, sono svaniti. Discorso che vale anche per gli attaccanti, se si eccettua un buon inizio di Cerri. Eppure questa partita era stata cerchiata in rosso come fondamentale per il cammino del Como. Anche non volendo guardare più in alto, ma per chiudere definitivamente ogni rischio.

Invece hanno sbagliato tutti. Ed è stato anche difficile capire fino in fondo la gestione dei cambi, che più che dare hanno tolto, se si eccettua la caparbietà di Gabrielloni, non concretizzata però in tempo utile. Con quasi un intero secondo tempo per provare a rimontare, ormai senza più nulla da perdere, forse la carta Chajia andava provata. Così come l’energia di giocatori come Arrigoni e Iovine. Ma sono discorsi con il senno di poi, è chiaro.

Trasferta

Non è la prima volta che dalle partite in trasferta si esce con un senso di insoddisfazione, con la sensazione che si sarebbe potuto e dovuto fare di più. E osare di più. Ma le altre volte erano stati pareggi comunque utili, e difenderli senza rischiare aveva comunque un senso. Viene però da pensare che questa sconfitta, come quelle che da fuori sono parse vittorie mancate, siano forse conseguenza degli stessi limiti. Che si superano perfettamente in casa, o perlomeno così è stato nelle ultime gare, ma non in trasferta. E dunque, è giusto che il Como in classifica sia lì dov’è, comunque a metà. E comunque più vicino ai playoff che ai playout, fortunatamente.

Che cosa si rischia ora? Certo è suonata una sveglia, e potrebbe anche non essere un male, dal momento che tutti sappiamo che il vero Como può essere molto meglio di quello di Venezia. Perlomeno una certezza c’è, che per il Como non sarà un finale di campionato noioso e passivo come quello di un anno fa, nessun traguardo si raggiungerà con troppo anticipo. Il che, mettiamola così, darà ancora più soddisfazione.

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