Cutrone: «Ho scelto io Como per ripartire e tornare Pat-gol»

Il nuovo attaccante comasco degli azzurri: «La città? La amo, mi sposo sul lago»

Lo abbiamo inseguito per anni. Noi, come giornale intendiamo. Era letteralmente impossibile intervistarlo, protetto dai bunker di certi uffici stampa. «C’è un comasco in A, e non lo intervistate mai?», ogni tanto ci chiedevano. Bravi, provateci voi. Interviste? Roba antica. Oggi nelle società di A spesso si va per comunicati o per dichiarazioni di plastica urbi et orbi, elargite da qualche pulpito mediatico. Ma adesso Patrick Cutrone, 24 anni, è tornato a casa e ce lo possiamo coccolare, possiamo raccontare la storia del bambino milanista che giocò davvero nel Milan e del ragazzo comasco che ha scelto la sua città per ripartire.

Come è andata Patrick? Il contatto con il Como, intendiamo.

Beh, è stata una cosa curiosa. Ero tornato a casa dall’Inghilterra (era al Wolverhampton, ndr) per due giorni di riposo. Ero un po’ incerto sul futuro, arrivavo da stagioni nelle quali non mi era stata data continuità ed era il momento di andare via a titolo definitivo. Ero una sera, a Como, con la mia ragazza e ho detto: e se si potesse ripartire da qui? Ne ho parlato con il mio procuratore che mi ha riferito di alcune proposte di società ma io senza alcun dubbio e indugio ho voluto il Como; c’è stato il contatto e la cosa è diventata realtà. Grazie anche alla società entusiasta di questa ipotesi.

Non una scelta casuale, dunque.

Per me ripartire dalla mia città, dal posto dove ci sono i mie affetti, dove posso essere sereno, è molto importante. Sento l’attaccamento, il senso di appartenenza. Una spinta in più. I miei amici sono impazziti, mi tempestano di messaggi. Ho bisogno di questo per ripartire alla grande. So cosa sono capace di fare.

Di cosa hai bisogno?

Di serenità, di continuità, di lavorare duro per fare vedere chi sono. Questa è una bella società, e questo lo si sa ormai anche lontano da Como. Ho entusiasmo, voglia. Mi verrebbe da dire che sono qui per tornare Cutrone-gol. Ma in realtà io sono convinto che quel Cutrone non se ne è mai andato. Io sono sempre quello. Devo solo avere il posto per dimostrarlo.

Cosa è successo allora, dopo le fantastiche stagioni al Milan?

E’ successo che non ho più avuto continuità. Non è una solo questione di presenze e basta ma anche una questione di minutaggio e di gare iniziate da titolare.

Va bene, ma perché dopo gli sfracelli con il Milan è successo questo?

Prima di tutto voglio dire che non do la colpa a nessuno. Detto questo, il mio problema fondamentale è che spesso ho giocato in regime di prestito. E non è la condizione ideale per essere valorizzato. La continuità per un attaccante è fondamentale.

Anche a Firenze non è andata benissimo.

Dopo i sei mesi al Wolves ho scelto di cavalcare l’opportunità della Fiorentina. Una grande squadra e una grande piazza dove purtroppo non ho avuto la continuità necessaria per fare bene, anche se i miei gol li ho fatti. Comunque sia a Firenze che a Valencia che a Empoli sono state esperienze utili per maturare, quando giochi in A o in un campionato straniero cresci sempre, è sempre utile. L’ultima esperienza a Empoli era partita bene, poi purtroppo alcuni seri problemi familiari hanno condizionato la mia stagione.

Ne vogliamo parlare?

Prego.

La scomparsa di papà Pasquale, noto avvocato di Como, che per te era più di un genitore.

Era tutto. Un amico, un tifoso, soprattutto un consigliere. Per qualsiasi decisione lo interpellavo. Veniva sempre a vedermi, aveva una grande passione. Tremendo. Dicono che io sia uno educato, che sa stare al suo posto: beh, papà su questo era un martello.

Se sei tornato alle origini, è stato un po’ anche per questo, vero?

Un po’ sì.

Tu hai anche un fratello più grande che gioca nell’Itala, come portiere.

Sì, anche lui è importante per me. Non parliamo molto di calcio, ma certo dopo le partite mi dice come mi ha visto, cose così... Mi incoraggia sempre.

L’hai mai affrontato?

Sì, una volta. Una amichevole tra il Milan Primavera dove giocavo io e l’Olginatese dove giocava lui. Preparazione estiva. Ma non gli ho fatto gol.

Dunque è il momento di riavvolgere il nastro e parlare un po’ del Milan, del fenomeno Cutrone.

Avevo fatto un provino all’Inter e uno al Milan. Io ero milanista e così quando il tecnico che faceva le selezioni si innamorò subito di me e mi disse immediatamente che sarei stato preso, toccai il cielo con un dito. Avevo otto anni. E’ stato bello, su su sino alla Primavera, senza mai avere la “fissa” di passare in prima squadra. Ma ricordo che godevo, che mi ritenevo fortunato a giocare a pallone, la mia passione, in un posto dove tutto era al top. Poi le prime emozioni: guardavo lavorare i miei idoli Inzaghi e Shevchenko, e qualche volta andavo a San Siro a fare il raccattapalle...

Fino alla chiamata in prima squadra.

Mi ha fatto esordire Montella e poi sono andato bene anche con Gattuso. Il primo gol in Europa League, il primo in campionato al Crotone. E poi un gol tirava l’altro, non mi fermavo più, compreso quello che decise il derby di Coppa Italia. Esultavo sotto la Curva Sud e non mi sembrava neanche vero. E’ stato un periodo fantastico.

Chi era il tuo amico di quella squadra?

Il mio migliore amico era Locatelli, con cui abbiamo fatto la trafila delle giovanili, ma mi ricordo che gli anziani della squadra mi trattavano come un figlioccio, da Abate, a Paletta a Montolivo.

Cosa ti piace, fuor da campo?

Como. Pensa che la mia ragazza, Greta, quando venivo a casa provava a fare delle proposte di gite, ma spesso io preferivo stare qui. Sono innamorato di questo posto, del centro, del lago. Anzi, a luglio mi sposo, non so dove, ma sarà sicuramente sul lago. Io ho sempre vissuto a Parè con i miei, ma quando ero al Milan ho preso casa a Como. Amo questo posto.

E la squadra? Da ragazzino venivi a vederla?

No. Perché ero uno di quelli a cui piaceva tanto giocare e poco guardare. A Como sono venuto a vedere un derby con il Lecco, finito 3-3, pochi anni fa. Però ho amici in curva.

Cosa chiedi al Como?

Avere un contratto di più anni finalmente mi dà la serenità e la tranquillità per cercare di sfruttare la chance.

L’impatto con la squadra come è stato?

Bello. Un bel gruppo. Mi hanno accolto tutti bene. E poi c’è una cosa buffa: ho ritrovato Iovine che ai tempi della scuola al Sant’Elia di Cantù, serviva pizze e focacce la bar, all’intervallo. Parlavamo di calcio, io ero alla Primavera del Milan e lui all’Olginatese.

Con il Brescia sei entrato bello tosto.

Vero. Avevo una grande voglia, sento che questa esperienza sarà importante per me.

Qual è il tuo posto preferito a Como?

A me piace molto il sushi, vado spesso in un ristorante vicino alla funicolare, il Yoko. Sono un po’ strano: non mi piacciono la pizza o le lasagne.

Ma va? E pensare che i tifosi del Wolves cantavano “He loves the pizza, he love the pasta”.

Sì, era un bel coro, ma non gliel’ho mai detto che non mi piace la pizza. Non volevo deluderli...Lo abbiamo inseguito per anni. Noi, come giornale intendiamo. Era letteralmente impossibile intervistarlo, protetto dai bunker di certi uffici stampa. «C’è un comasco in A, e non lo intervistate mai?», ogni tanto ci chiedevano. Bravi, provateci voi. Interviste? Roba antica. Oggi nelle società di A spesso si va per comunicati o per dichiarazioni di plastica urbi et orbi, elargite da qualche pulpito mediatico. Ma adesso Patrick Cutrone, 24 anni, è tornato a casa e ce lo possiamo coccolare, possiamo raccontare la storia del bambino milanista che giocò davvero nel Milan e del ragazzo comasco che ha scelto la sua città per ripartire.

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