Gattuso e la Spal
«Quanti ricordi»

«A Ferrara ho trascorso la mia prima stagione lontano da casa, avevo vent’anni, ero appena uscito dalla Primavera. E poi la B nel 1994»

La Spal è un ricordo bellissimo, un motivo di orgoglio, uno stimolo in più. Per Giacomo Gattuso questo è un avversario speciale, per tanti motivi.

«A Ferrara ho trascorso la mia prima stagione lontano da casa, avevo vent’anni, ero appena uscito dalla Primavera. Ho il ricordo di una bella piazza, un bel posto, anche se per me fu una stagione così così». Ma la Spal, per il Jack giocatore, è soprattutto un’immagine, «la più bella della mia carriera di calciatore. La promozione a Verona, quella cavalcata fantastica, entrata nella storia. Confesso che ogni tanto vado ancora a rivedermi quella partita, di quella squadra tra l’altro io ero il capitano. Veramente l’emozione più grande della mia carriera in campo».

Poi, oggi, ci sono altri motivi di orgoglio per il Gattuso allenatore. Oltre naturalmente a quelli che gli dà la sua squadra in questo momento. «Nella Spal ci sono due giocatori che io ho cresciuto nelle giovanili del Novara, Vicari e Dickmann, Due miei ragazzi che onestamente rivedo con molto piacere, e con soddisfazione per la carriera che stanno facendo».

Insomma, di motivi per far battere il cuore al tecnico ce ne sono diversi. Anche se i più importanti sono legati ai suoi ragazzi di oggi, di cui Gattuso va ancora più fiero. «Stanno facendo un percorso importante, la cosa che mi dà più soddisfazione è la capacità che la squadra ha avuto di reagire nel modo migliore alle tre sconfitte, con la voglia di mettersi in gioco, senza mai perdersi d’animo. Adesso bisogna continuare», senza guardare troppo al fatto che queste siano partite per certi versi più importanti per la classifica.

«Continuo a pensare quello che ho detto qualche settimana fa, che in questa categoria anche un pareggio è una mezza vittoria. Noi giochiamo sempre per vincere, ma quello che conta è portare a casa punti, contro chiunque. Se non sono tre, va bene anche uno, Noi adesso siamo una squadra che deve giocare per la salvezza, se potremo ambire a qualcosa d’altro, se potremo osare altro, lo capiremo solo lungo il cammino».

Un cammino su cui il Como continua a procedere dritto, sin dall’inizio, «con la nostra identità, con la nostra filosofia di gioco, senza rilassarci mai». E mettendo ogni volta un pezzetto in più. «Sono stato contento che Longo l’altra sera abbia detto che per la prima volta la sua squadra non riusciva a creare, significa che sta funzionando la partecipazione al gioco di tutti, la capacità di sacrificarsi anche da parte degli attaccanti» dice, parlando della crescita di alcuni suoi giocatori. «Ci sono stati miglioramenti anche nella maturazione all’interno della gara, di capire in quali momenti spingere e in quali gestire, anche se la qualità delle prestazioni non era comunque mai mancata».

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