«Io in discussione?
Mi pare presto...»

«Perdere una partita su sei ci sta, due no, non è questo il tipo di campionato che vogliamo e dobbiamo fare»

Serenità e lavoro. Cosi Marco Banchini sceglie di affrontare un momento che sereno certamente non è, né per il suo Como né per lui. «Se mi sento in discussione? Io sto lavorando per cercare di far crescere la squadra, per tirar fuori le caratteristiche migliori dei miei giocatori. Ed è normale che in un percorso di crescita ci siano alcune lacune su cui dover lavorare, ci sono giocatori nuovi, giovani, alcuni stranieri che devono ambientarsi, e di tempo in questo periodo con così tante partite purtroppo ce n’è poco ed è tutto più difficile. Ma il nostro bottino sinora è comunque abbastanza in linea con le aspettative, avendo ancora una gara da recuperare. E che io da allenatore sia sul banco degli imputati per primo quando c’è qualcosa che non funziona è altrettanto normale. Ma sono tranquillo, il mio pensiero è solo al campo».

Banchini però sa, prima ancora che glielo si faccia notare, che «perdere una partita su sei ci sta, due no, non è questo il tipo di campionato che vogliamo e dobbiamo fare». Quindi, qualcosa fuori programma, in negativo, c’è. Non è questa la normalità di cui il tecnico parla, non è normalità accettabile la sconfitta di domenica con la Giana. «Avevamo indirizzato la partita nel modo giusto, sapevamo che sarebbe stata poi una partita “sporca”, l’atteggiamento giusto fino a un certo punto c’è stata. C’è mancata un po’ la costruzione dal basso, che invece è stata importante per questa squadra in altre situazioni, ma non parlerei in generale di poca determinazione. Quello che avremmo dovuto fare sarebbe stato reagire immediatamente dopo aver preso il gol del pareggio e cercare di chiuderla subito, è lì che siamo mancati«, ed è lì che la squadra è sembrata perdere aggressività e voglia, fino a quello sciagurato gol preso nel finale. «Ancora una volta abbiamo preso gol su cross, e purtroppo è una criticità che si ripete dal Lecco in poi», con ancora più rabbia perchè «Zanotti è stato impegnato pochissimo». E ancora si torna sulla necessità di avere più tempo per lavorare sugli errori, ma senza fasciarsi troppo la testa.

Secondi

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