«Io portiere semplice. Felice di essere qui. I rigori? solo intuito»

Parla Semper, nuovo acquisto del Como: «Sono innamorato dell’Italia, ci sono venuto da giovane per questo»

Adrian Semper è così, senza fronzoli in campo, quanto allegro, sorridente ed empatico fuori. Il ragazzone tutto tatuato, alla prima intervista da nuovo portiere del Como, sorride convinto ad ogni risposta e perlomeno sfugge dalla teoria di monoespressione in cui si ripetono a macchinetta frasi fatte con atteggiamento distratto. Quando dice di essere felice di essere qui, insomma, lo fa con convinzione. Il resto lo dirà il campo.

Buongiorno Adrian, benvenuto.

Grazie.

Felice di essere qui?

Sicuramente sì. Venivo da un’annata al Genoa non perfetta. Tutto molto bello quello che è successo, l’esperienza di una promozione in un ambiente molto attaccato ai colori rossoblù, ma quando non giochi non tutto torna. Così sono contento di avere questa nuova chance in Italia.

In una società ambiziosa.

Sì, sì, qui c’è tutto per fare bene, per puntare in alto. È una chance per me molto bella.

Tu hai detto che ti avevano colpito i tifosi del Como.

Sì, a Genoa-Como ero in campo, sono stato un tempo sotto il loro settore. Al Genoa c’è un tifo caldo, ma guardavo quel settore e mi dicevo, cavolo anche a Como è una piazza appassionata. E adesso sono qui.

In Italia da tanti anni: quattro anni al Chievo e due al Genoa. Sei arrivato che eri un ragazzo, se adesso hai 25 anni...

Sì. Sono andato via dalla Dinamo Zagabria, la squadra della mia città (Adrian è croato, ndr), verso l’Italia non per caso. Ero innamorato del calcio italiano, come molti nel mio paese. Volevo l’Italia, per andare a fare una nuova esperienza.

Verona, maglia Chievo.

Sinora è stata l’esperienza migliore della mia carriera, perché giocavo con continuità, avevo accanto un portiere come Sorrentino che ha grande esperienza e mi ha insegnato molto. Avevo un preparatore dei portieri come Squizzi, molto molto bravo. Sono stati anni formativi, sono stato in serie A, bello.

Poi il Genoa.

Lì le cose sono andate meno bene. Come ho accennato prima, è stato tutto fantastico dal punto di vista ambientale, poi fare una promozione è bello. Ma quando non giochi ti manca sempre un pezzo.

Raramente abbiamo sentito parlare così bene di un portiere che non giocava...

(Sorride di nuovo e gli brillano gli occhi, ndr). Le dinamiche erano che giocava Martinez, ma quando sono entrato io, e ho fatto sei partite di fila, ero andato bene ed è capitato proprio mentre la squadra stava tornando su. Poi a Bari ho avuto la febbre, sono rimasto a casa e Martinez ha ripreso il posto da titolare.

Ti descrivi?

Sono un portiere semplice. Nel senso che non cerco l’intervento spettacolare a tutti i costi. E cerco la continuità: non mi piace essere uno che fa la paratona e poi ha un calo di rendimento sul tiro dopo. Voglio essere costante.

Dicono che sei un leader.

Mi piace dirigere il reparto, mi piace che i difensori sentano la mia presenza.

E’ vero che sei un pararigori?

Ne ho parati diversi, questo è vero.

Come mai?

Mi fa ridere la cosa, perché dovrei dire che ho studiato molto, che mi guardo i filmati di chi tira... Invece è solo intuito, è capitato e basta.

Tu hai giocato la Champions a 18 anni con la Dinamo Zagabria.

Sì, contro la Juve, e non andò bene: 4-0 per loro. Ma era la Champions! Poi mi ricordo contro il Lione.

Hai 25 anni, sei ancora in tempo per la tua nazionale che sta facendo grandi cose.

Magari... È sempre un sogno.

Modelli?

Mi piacevano Handanovic e Donnarumma.

Che interessi hai fuori dal campo?

Mi piace giocare a golf. E poi mi piacciono la natura e i cani.

Sei pieno di tatuaggi.

Sì, una passione. Ci sono ritratte storie personali.

Voglia di iniziare?

Non vedo l’ora.

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