Laboratorio Longo. Un Como senza play, ma è tutto fantasia

Calcio L’allenatore ha promosso il 3-4-2-1. Costruzione a due in mezzo: tutti i perché della scelta. E, in attesa di Cerri, si va avanti con i trequartisti

C’è un termine per definire l’evoluzione tattica del Como: magmatica. Il paragone con la massa informe di lava che modifica i suoi contorni a seconda della temperatura e della morfologia del terreno. Il calcio di Longo è magmatico. Ha in tasca numerose soluzioni ipotetiche, ma poi le adatta a seconda delle caratteristiche che lui vede nei giocatori.

Quest’anno aveva fissato due soluzioni: il 4-4-2 in fase di non possesso e il 3-4-1-2 in fase di possesso. Ma abbiamo già cambiato. Le soluzioni contingenti (l’infortunio di Cerri, ma non solo) hanno fatto dirottare il tecnico su un 3-4-2-1 che nelle ultime partite è stato lo schema più a lungo adottato, al netto del fatto che il calcio moderno preveda cambi di assetto a modifica in corso. Ma è apparso chiaro che a Cittadella, in casa con la Sampdoria e a Bari la maggioranza dei minuti giocati è stata fatta con questo assetto. E ora cerchiamo di capire il perché.

Scelte

L’infortunio di Cerri ha spinto l’allenatore a optare per la soluzione con una punta sola e due fantasisti al suo fianco. Ma era una soluzione che Longo aveva già in mente, come peraltro aveva ammesso in una conferenza stampa di inizio stagione. «Se penso a una soluzione con i due fantasisti a supporto? Sì, magari con una punta sola», aveva detto un mese fa. In effetti l’acquisto di Verdi, un uomo in più abile nell’uno contro uno e che trova la sua migliore collocazione alle spalle delle punte, ci aveva detto che la società puntava a questa soluzione in modo strutturale, probabilmente anche assecondando le richieste del tecnico. L’assenza di Cerri ha facilitato la trasformazione. Che sta funzionando, visto che il Como delle ultime partite è il migliore visto quest’anno.

Si era ipotizzato anche un 3-4-3, ma il 3-4-2-1 asseconda le caratteristiche degli uomini: Verdi, Cahjia e Da Cunha (i tre uomini impiegati nel ruolo di assistenza alla punta) non sono uomini cui piace stare attaccati alla linea laterale, via dritto per dritto, ma hanno nei piedi e nella testa l’indole ad accentrarsi, a convergere sino addirittura, in qualche caso, a cercare essi stessi la conclusione. Il giorno invece che dovessero essere impiegati in quel ruolo Kerrigan e Blanco, ecco che potremmo parlare di 3-4-3.

Adesso c’è da spiegare per quale motivo il 3-4-3 non è un 4-3-3. E questo deriva dalla decisione di Longo, presa già alla fine del ritiro estivo, di costruire a due, e non a tre, in mezzo al campo. La ricchezza di uomini in mezzo (Kone, Baselli, Abildgaard, Arrigoni, Bellemo, Iovine) aveva fatto pensare a una soluzione a tre, ma poi il tecnico ha valutato che in questi uomini non c’è un play vero e proprio. L’unico che può farlo è Baselli, che infatti lo scorso anno giocava in quel ruolo (e quando stava bene lo faceva Fabregas). C’è chi pensa che anche Bellemo possa fare il play, ma qui conta quello che pensa Longo e nessun altro. Dunque centrocampo a due e via. Con la soluzione Iovine a destra a tamponare, accorciare, fare da equilibratore, riportandolo in fascia dopo averlo visto anche da interno. Si sarà notato che, come contraltare di un Ioannu sull’altra corsia più offensivo, qui a destra ci cerchi sempre una soluzione più prudente, da Iovine a Cassandro.

Due punte

E quando tornerà Cerri che succederà? Potremmo vedere cambiare ancora le cose. Al di là del fatto che Cerri potrebbe essere una alternativa a Cutrone in questo assetto, vanno dette due cose. La prima: già a La Spezia il Como aveva dato una svolta alle sue prestazioni, con un ottimo primo tempo, e lì c’erano le due punte (Gabrielloni-Cutrone). La seconda: alla lunga, gli avversari cominceranno a conoscere questa soluzione degli azzurri e magari sarà necessario cambiare ancora. E così, forse, rivedremo anche le due punte.

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