
(Foto di Fabrizio Cusa)
Ieri ha giocato la partitella allo stadio («Ho messo qualche chilo in più eh...»), prima della grigliata della promozione con i giocatori. In mezzo Carlalberto Ludi si è concesso all’intervista di fine anno, finalmente rilassato dopo una settimana di tensione. Un’intervista più sul futuro che sull’immediato passato, condotta cercando di interpretare le curiosità della gente e dei tifosi. Ma certo, c’è stato spazio anche per raccontare la stagione. Pronti? Via!
Altroché. Non so se da fuori avete capito la portata di questa vittoria. La squadra avrebbe potuto mollare una, due, dieci volte. Perché nello sport la cultura dell’alibi è sempre dietro l’angolo. Ce ne sarebbero state di scuse, per i giocatori, per dare la colpa a qualcun altro o a qualcos’altro quando qualcosa andava storto. Invece tutti si sono presi le loro responsabilità, hanno reagito, hanno fatto gruppo, hanno avuto voglia di vincere. Le ricordo bene le riunioni in cui si parlava di energie che mancavano, di infortuni, di vento contrario.
Cercando di capire sempre cosa si sarebbe potuto fare per aggirare il problema. Le energie sono poche? E allora useremo qualcos’altro. Sempre tutti alla ricerca di qualcosa per farcela. Applicazione, dedizione. Professionalità da parte di tutti. Stupefacente.
Dopo Novara ci siederemo a un tavolo. Tutto aperto, dipende da lui. Se vorrà, il posto è suo.
Io con Gattuso ho vinto un campionato Primavera. Sapevo come lavorava, l’ho sempre ritenuto un allenatore molto capace.
Nella vita conta anche il momento. Al primo giro era logico un posto nel settore giovanile, al secondo serviva implementare lo staff.
Sapete cosa dice l’allenatore del Lipsia? Che l’aspeto tecnico tattico conta il 30-35%. Il grosso lo fa la gestione, l’empatia, i rapporti, la credibilità. Jack, oltre a indovinare le mosse sul campo, è stato superlativo nella gestione. Del gruppo ma anche delle situazioni. Troppi allenatori scelgono solo la carota, solo il bastone, solo un modulo. Lui ha saputo sempre adattarsi alle situazioni. Super. E poi ci ha messo la sua grande empatia con la piazza.
Sì. Volevamo migliorare. Il piano era salire in 3-4 anni.
L’allenatore è stato cambiato perché c’era la sensazione che la squadra non riuscisse ad esprimere tutto quello che aveva. Tutto qui. Non per un calcolo matematico riferito alla classifica. La squadra sembrava legata.
Prego.
Sì, sono in scadenza. A differenza di Gattuso, non sono in grado di dettare i tempi. Però come nel caso di Gattuso, posso dire che c’è molta sintonia con la proprietà.
Quando le cose vanno male, le critiche sono normali. Ho giocato a calcio, so come vanno le cose. Però...
Diciamo che sono state un po’ esagerate nei toni, visto che eravamo comunque primi in classifica con tutte le difficoltà che avevamo trovato. Ma le critiche, ripeto, sono normali.
Sì, a dirotto. Io sono uno che, se mi vedete mentre guardo la partita, sono una sfinge. Se facciamo gol o se prendiamo gol ho sempre la stessa espressione. Ma poi, quando è finito tutto, mi sono lasciato andare.
Di più. Orgoglioso. Orgoglioso di aver partecipato a questa impresa. Al di là del fatto che i miei compiti si sono allargati, la stagione non la si fa solo con il mercato. Ma con la gestione. Sono contento di aver fatto le cose per bene nei momenti delicati.
Perché?
La penso in maniera diametralmente opposta. Primo: non è stato un mercato conservativo, visto che sono arrivati cinque giocatori. Secondo: avendo un gruppo competitivo, avevamo l’esigenza di trovare delle alternative, un arricchimento, non di cambiare. Poi ci sono stati degli infortuni e in quello siamo stati sfortunati. Chi ha criticato il mercato di gennaio però ha dimenticato quello estivo e il lavoro fatto per assemblare la squadra.
No, la festa è stata già fatta. A Novara ci andremo con il solito atteggiamento. Certo, è motivo di orgoglio andare dove c’è tanta gente che conosco con questa grande squadra.
Per consolidare la sua posizione in categoria. Poi si vedrà. Sempre con la filosofia dei piccoli passi. La proprietà è ambiziosa.
Suwarso ha una grande passione. Senza pandemia lo avremmo visto qui più spesso. Ha una grande caratteristica: si fa sentire se le cose vanno male, per aiutare e chiedere se c’è bisogno di qualcosa. Uno molto “positivo”. Wise è un martello. Ci sentiamo più volte al giorno, c’è grande empatia. Lavoriamo bene. Dopo la partita gridava come un matto. Mi ha detto: Charlie, ora due giorni di relax mi raccomando. Ma la mattina dopo mi ha chiamato e abbiamo parlato per due ore. È già sul pezzo, sta valutando tutto.
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