Tutti i segreti di Longo. Corsa, intensità, lavoro, il Toro e... il benzinaio

Il personaggio Scopriamo il nuovo allenatore del Como. Da bambino affascinato dalle stazioni di rifornimento. Carriera: stop da un virus. Dalle 8 del mattino è al campo

Il primo ad arrivare al campo. Per distacco. Moreno Longo ieri mattina è entrato allo stadio Sinigaglia attorno alle 8: tre ore prima dell’allenamento. Non un caso dettato dal nuovo posto di lavoro: lui è così, metodico, intenso, dedicato. Ovunque è stato così. Del resto dobbiamo ricordarci che il nuovo allenatore del Como vive questa professione come un riscatto. Un riscatto dalla sfortuna.

Guaio

Lui, ragazzo del Filadelfia (giovanili del Torino), che vestì la maglia granata in A prima di andare al Chievo, dovette interrompere la carriera di calciatore per un virus che lo colpì in seguito a un intervento chirurgico ai legamenti. Ci riprovò, ma senza fortuna.

Ma un amico che allenava in una società dell’hinterland torinese lo chiamò per fargli allenare i ragazzini. E da lì cominciò una carriera in panchina vissuta come rivalsa. Pensate un po’, quando lui, tifoso del Torino, venne chiamato ad allenare le giovanili granata. Di più, riportò lo scudetto della Primavera dopo 26 anni di digiuno. Di più: venne chiamato a sostituire Mazzarri in A, portando il Toro a una tranquilla salvezza. La panchina la affronta come la vita: metodico, attento alle regole, voglia di dare tutto sempre. Le sue squadre hanno un unico dogma: l’intensità. Con lui parlare di schemi ha poco senso.

Ok, ha spesso giocato con la difesa a tre, a Frosinone e ad Alessandria. Ma a Torino giocava con la difesa a quattro. Dipende. Comunque vada, lui chiede intensità, vicinanza tra i reparti, squadra compatta, aggressività. Non può essere definito un “giochista”, ma uno dalle squadre con mollano mai. Due anni fa, dopo aver perso la sfida decisiva con il Como per la B, riuscì a vincere i playoff. Due anni prima, idem: sconfitto al 93’ nell’ultima partita dal Foggia nel giorno che poteva portare il Frosinone in A, si riscattò ai playoff vincendoli. Cosa dicono queste due storie? Che sa recuperare mentalmente gruppi reduci da batoste serie, con la motivazione. In questo è un maestro. I tifosi lo hanno sempre apprezzato. A Torino, al suo addio, uno striscione di trenta metri diceva: «Moreno, questo è un arrivederci». Ad Alessandria ricorda l’applauso della gente dopo la retrocessione in C. Una retrocessione per la quale il mondo del calcio lo ha sempre assolto.

Pieno

Ora si tratta di dare nuova benzina al Como, e potrebbe essere la persona giusta: quando era piccolo diceva sempre che voleva fare il benzinaio. Ora gli tocca fare il pieno ai cuori azzurri. In una società ambiziosa e che diretta dall’inglese Wise e con Marc Bircham come collaboratore, anche qui un particolare non banale: lui, dopo il Frosinone andò a studiare calcio in Inghilterra. E adesso? Ha iniziato con il 4-3-1-2 e tutto fa pensare che proseguirà su questa strada. Ma, mai dire mai: Longo già lavora nel suo laboratorio.

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