Viaggi nel pallone: «Il Como e gli stadi, i miei due amori»

Carlo Cartacci , autore del libro “La mia Ddr Oberliga”, un’opera sul calcio della Germania Est che ha conquistato tutti

Carlo Cartacci sta diventando un personaggio mediatico del calcio. Il farmacista di Como, 54 anni, noto per organizzare viaggi negli stadi del campionato inglese, appassionato di storie di calcio, di impianti storici e di Premier League, è diventato apprezzato opinionista di Sportitalia e ha appena dato alle stampe il suo primo libro: “La mia Ddr-Oberliga”. Un viaggio stupendo nel campionato della Germania Est, tra vecchie storie, simboli e spalti, che ha destato interesse anche presso molti addetti ai lavori. Ma Cartacci è anche un assiduo spettatore delle partite del Como. Insomma, gli spunti per una chiacchierata non sono mancati

Cartacci, perché un libro sulla Oberliga?

E’ nota la mia passione per il calcio estero. Quando per il Covid ho dovuto limitare i miei viaggi in Inghilterra, ho dovuto dirottare il mio interesse su altro. Il calcio tedesco. E su una storia che non c’è più, o meglio che si è trasformata, e che colpì la mia infanzia.

Come?

Mondiali del 1974, la sfida tra Germania Ovest (che avrebbe vinto la Coppa, con Beckenbauer e Mueller) e la Germania Est. Vinse la Germania Est, con tutto quello che si può immaginare a livello di cassa di risonanza che andava oltre il calcio. Quel gol di Sparwasser ha segnato generazioni di tifosi. Ci sono ancora gruppi di appassionati che si chiamano con il nome di quel giocatore!

Che storia è quella del campionato della DDR?

E’ durato sino a due anni dopo la caduta del Muro di Berlino. L’ultimo torneo servì a stabilire chi avrebbe meritato di passare nel campionato della Germania unificata. Nomi come la Dinamo Dresda, il Magdburgo, il Carl Zeiss Jena, la Dinamo Berlino hanno scritto pagine importanti. Questo libro è un viaggio in quei luoghi, mostrando ciò che resta di quel calcio.

E cosa resta?

Dell’Union Berlino sapete tutto, è seconda nel campionato tedesco. Altre squadre sono sparpagliate dalla seconda alla quarta divisione. Ma ho assistito alla partita di promozione del Magdeburgo dalla C alla B: 26mila spettatori e un dominatore comune, il senso di appartenenza. A Magdeburgo c’è ancora la targa del famoso successo con il Milan del 1974 nella finale di Coppa delle Coppe.

Il suo libro è piaciuto agli addetti ai lavori...

Caressa, Marani, Bizzotto ad esempio sono grandi giornalisti che si sono illuminati. C’è chi pensa addirittura a un documentario. In effetti è una pagina dimenticata.

Come è nata la sua esperienza a Sportitalia?

Proprio per la mia passione per il calcio inglese. Qualche settimana fa ho visto quattro partite in quattro giorni. Viaggio molto, mi documento. E vivo gli stadi. Adesso mi mandano anche come inviato. Ma parlo anche del Como.

Lei ha il polso della situazione in Europa. Come sta cambiando il pubblico negli stadi?

In Inghilterra e in Spagna ormai gli stadi sono più simili a teatri. In Germania sembra di essere in Italia negli Anni 80, con un tifo passionale e ricco di identità anche nelle serie minori. Anche all’Est c’è parecchi attaccamento e tifo. In Francia una via di mezzo, sono le generazioni magrebine che mantengono gli stadi caldi.

E in Italia?

Una via di mezzo. Ci provano a trasformare gli stadi in teatri, ma non ce la fanno.

Che dice del Como?

E che dico? Che non credo questa squadra rischi davvero di retrocedere. Per me si riprenderà, anzi già a Genova ha mostrato una prova molto positiva.

E perché allora è in questa situazione?

Probabilmente perché il famoso mese senza allenatore ha partorito parecchi danni. Conosco Longo da tempo ed ero sicuro che avrebbe messo a posto le cose. La sua opera non è terminata, ma si sta vedendo qualcosa.

Cosa manca a questa squadra?

Un centrale difensivo in più, forse. A me piace tanto Odenthal. Due anni fa lo voleva l’Inter. Credo che non uscirà più. Però il fatto che giochi Solini, che era inizialmente la quarta scelta in difesa, significa che qualcosa è mancato. Peraltro se la sta cavando benissimo.

Giocatori preferiti?

Cerri e Ioannou. Cerri non deve più uscire. Ioannou è un carrarmato, anche se quest’anno non si è ancora visto il miglior Ioannou. Ah poi Chajia, certo. Un fenomeno. Blanco o Parigini? Parigini.

Fabregas?

Gli ultimi venti minuti di Genova hanno mostrato il vantaggio di avere un giocatore come lui che sa nascondere il pallone e sa quando spendere un fallo tattico decisivo. Non credo che vedremo mai un Fabregas per 90’ al top. Ma già così è un valore aggiunto.

Cutrone e Mancuso?

Per me Mancuso riesce a lavorare di più per la squadra, rispetto a Patrick che ha più una foga egoista da punta vera.

Come la mettiamo con la questione stadio?

Faccenda molto complicata. Temo che l’Italia della provincia non sia pronta per certe soluzioni. Anche se io le sposo in pieno, perché frequento gli stadi inglesi. Eppure faccio fatica a immaginare gente che spende da 300 euro in su per vedere il Como. Quando guardo la tribuna vedo che i posti più cari sono vuoti. Però io sarei contento se mettessero a posto il Sinigaglia. Il mio stadio preferito è quello del Fulham, in riva al Tamigi. Da turista appassionato capisco il valore di un impianto così particolare nella location. Se però, per via delle burocrazie, dovessero essere costretti a pensare a un stadio fuori città, non mi sorprenderei. Tutto questo stallo mi fa preoccupare. Ma è un’area complicata, immagino le difficoltà.

E questa proprietà?

Dio l’abbia in gloria. A Como si sta ricompattando il tifo, quasi sullo stile tedesco, proprio grazie una stabilità societaria. Certo gli Hartono sono anziani. E mi chiedo: dopo di loro, che succederà? Andranno avanti? Speriamo, perché una società così quando ci ricapita?

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