Gattuso: «Il mio Como
in verticale è tutto da gustare»

Alla pausa del campionato, il tecnico azzurro di confessa

Mentre il campionato si prende una domenica di pausa, noi ne abbiamo approfittato per prenderci una pausa caffè con Giacomo Jack Gattuso, allenatore del Como in serie B. Nocchiero non banale: uno che ha già scritto il suo nome nella storia di questa società, e non con il pennarello indelebile, ma proprio con lo scalpello dell’incisore. L’occasione giusta per fare il punto sulla squadra, ma anche sulle sue emozioni di fronte a un impegno così prestigioso ed esaltante. Jack ha una caretteristica: ha sempre l’espressione di chi si è svegliato da cinque minuti. Badate bene, non solo è una banale osservazione estetica: testimonia la sua indole nel non farsi aggredire dai problemi, di gestire con giusto distacco la situazione, di avere la lucidità necessaria per le varie necessità, per controllare le forti emozioni per questa avventura che un anno fa lo mandarono persino all’ospedale. Una lunga chiacchierata per parlare della squadra e di sè. In attesa di Como-Ascoli.

Buongiorno mister. Parliamo prima della squadra o di lei?

Della squadra, ovvio. La cosa più importante.

Il Como è piaciuto a tutti, nelle prime due partite. È piaciuto anche a lei?

Sì, molto. Mi è piaciuta la personalità, l’approccio, la mentalità. Una bella partenza.

A tratti si è avuta l’impressione che il Como avrebbe potuto accelerare addirittura di più.

Non si può giocare a mille all’ora per 90 minuti, ci sono momenti in cui devi rifiatare, devi gestire e controllare. Specie con questo caldo. Però ci sono due dati che mi hanno colpito.

Quali?

Che abbiamo chiuso sempre in attacco e che nel secondo tempo con il Lecce non abbiamo corso un pericolo che fosse uno, contro una squadra che, non so voi ma io dal campo, ho visto fortissima.

Questa squadra ha in panchina le risorse per cambiare la partita.

È il terzo elemento che stavo per dire. Molto importante. Abbiamo un organico competitivo anche in chi subentra. La possibilità di cambiare l’interpretazione tattica, se serve. Questo è molto importante. Molte alternative in tutti i ruoli.

Come va con le partenze del basso?

Non sono un fan. Mi piace la partenza dal basso se è l’innesco di una azione che si sviluppa in verticale. Mi piace cercare la profondità, servire subito un reparto offensivo di grande qualità.

Parliamo un po’ di giocatori. Chajia è una sua scoperta.

Di Chajia vi posso raccontare una storia. Quando l’avevo nella Primavera del Novara, era formidabile nell’uno contro uno. E io lo spingevo a insistere. Tanto checon certe prestazioni si guadagnò presto la convocazione in prima squadra. Quando poi l’ho visto giocare altrove, ad Ascoli o nell’Entella, mi ero sorpreso che avesse perso quelle caratteristiche che lo rendevano speciale. Sono contento che sia venuto a Como anche per lavorare con me. Forse sente la fiducia. Fatto sta che ha ricominciato a puntare l’uomo. A lui non devi chiedere due tocchi e via, ma va lasciato libero di fare. Anche se ovviamente anche lui deve assolvere a compiti tattici.

Discorso simile per H’Maidat. La B è una categoria che si adatta meglio alle sue caratteristiche?

Io gli vedo fare le stesse cose che faceva in C, anche se qui, in un campionato più qualitativo, si trova meglio. Ma il suo grosso progresso è nella fase senza palla. Difende bene, si sacrifica.

Accanto a lui Bellemo è diventato un interditore puro.

Bellemo ha due polmoni così, è sempre quello che fa più chilometri, ma in più, rispetto all’interditore classico, è uno che sa calciare.

Non manca un regista di esperienza?

Abbiamo due alternative valide, Kabashi e Arrigoni, per me va bene così.

Reparto d’attacco da serie A.

Sono contento delle nostre quattro punte. Cerri è una punta centrale che sa anche fare movimento, dà mentalità, è un trascinatore. La Gumina è una seconda punta, Gliozzi e Gabrielloni più prime punte ma sanno fare anche altro. Abbiamo più soluzioni. Mi piace la voglia che la squadra ha di attaccare, il coraggio che piano piano cresce. C’è consapevolezza.

Dunque la salvezza è un traguardo troppo al ribasso?

No, la salvezza è il nostro obiettivo. Siamo una neopromossa e non abbiamo ancora visto nulla. Adesso siamo in fase post preparatoria, organici da affinare, caldo. Ci sono tante squadre forti, fortissime. Voliamo bassi. Poi lo scorso anno eravamo partiti per fare un buon campionato e guardate cosa è successo. Per dire che c’è sempre tempo per adattare i programmi. Ma noi partiamo per la salvezza.

Quali sino le squadre più forti?

Oltre a Monza e Parma, mi hanno colpito Brescia e Cremonese. Ma ce ne sono tante.

Squadra ricca di leader.

Scaglia è un leader positivo, ha sempre una parola buona di incitamento per tutti, Bellemo leader silenzioso, Cerri leader di personalità, Gori coraggioso.

Iovine è il suo equilibratore?

Sì. Per ora serve un uomo tattico lì, ma poi le soluzioni sono tante dipende dalle partite e dalle situazioni. Lui copre a fa tutta la fascia.

Gatto e Varnier non stanno bene.

Gatto non ha potuto lavorare bene sin qui, adesso ha ripreso ma bisogna dargli tempo. Varnier è quasi pronto, con l’Ascoli potrebbe esserci. Ha un talento straordinario.

Parliamo un po’ di lei. Come si è approcciato alla serie B.

Ogni tanto leggo che io sarei senza esperienza, che potrei patire il salto di categoria. Però io sono sereno. Alleno da 20 anni, e secondo me la differenza la fa il lavoro, la conoscenza del calcio, la preparazione. Certo, poi non tutti riescono alla prova dei fatti. Ma non posso dire che la B mi spaventi.

Un rimpianto?

A volte mi immagino come sarebbe stata la partita della promozione con lo stadio pieno. Per fortuna si comincia a riaprire. Per la mia storia personale la mancanza di pubblico si sente.

In che senso?

Io sono tifoso del Como ma non così, per affetto e basta. La mia storia è particolare: le giovanili, capitano, due addii traumatici, la famosa volta di Novara in cui feci retrocedere il Como, un episodio che mi è pesato per anni... Quando dico che sono tifoso del Como, mi riferisco a un sentimento speciale. Sarebbe stato bello chiudere il cerchio con la gente allo stadio. Ma è stato bello anche così, con i tifosi fuori a salutarci.

Sente entusiasmo?

Con gli stadi chiusi è difficile dirlo, ti manca il primo feedabck. Mia figlia lavora in una azienda dove ci sono tanti tifosi del Como e mi porta saluti e complimenti. È una maniera per sentire l’affetto. Oltre ai social, ovviamente.

Bel gruppo l’anno scorso, bel gruppo (si dice) quest’anno. Non può non esserci lo zampino di Gattuso.

È una serie di fattori. Io approccio secondo il mio carattere, morbido, leggero, senza stressare i giocatori. Ma se ti capita un gruppo di teste di cavolo, allora le cose cambiano. La società ha lavorato su profili umani di un certo tipo. Così è più facile. La società è davvero speciale in tutto ciò che fa.

Chi l’ha ispirata in questo?

Eugenio Corini credo mi somigli per l’approccio.

Tardelli?

Era un altro calcio. Allora si faceva il giro delle camere la sera prima della partita, alla Bearzot. Adesso se io entro in una camera dei giocatori di sera e li costringo ad abbassare l’Ipod, mi inceneriscono...

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