I 55 anni di storia ultras. I pionieri erano a Como

I Superpartes si trovano ogni anno: ne fanno parte i fondatori del movimento in Italia. La cena, il battello, il pranzo tra ricordi e aneddoti

Vederli così, uno accanto all’altro, a tavola, tra una risata e un brindisi, faceva un certo effetto. Perché davanti avevamo una cinquantina, forse più, di (ex) ragazzi che hanno “inventato” il fenomeno ultras in Italia.

Una storia nata per gioco, come un carnevale da ragazzi, che nell’arco di 55 anni ha presentato più sfaccettature di un diamante, ha collezionato più analisi (spesso fuori luogo) di mille simposi di psicanalisi, ha resistito a tempi e alle mode, seppur trasformandosi,e adesso è ancora lì, a riempire le curve degli stadi (contro ogni previsione di chi voleva impianti-teatro), il fenomeno di aggregazione giovanile più imponente della storia sociale italiana.

Gli ideatori, i pionieri, i padri fondatori di tutto questo si sono riuniti a Como in questo fine settimana. Non per caso. Da una decina d’anni è nato un gruppo dal nome “Superpartes” (al di sopra delle parti) che riunisce amabilmente e goliardicamente esponenti del movimento ultras del calcio italiano che a cavallo tra gli Anni Sessanta e i Settanta aprirono la via a questa maniera di fare il tifo.

Ogni anno si riuniscono in una città diversa. E questa volta gli organizzatori della reunion 2022 sono stati gli esponenti della storia della curva comasca: Alessandro Giummo dei Pesi Massimi e Beppe Martello, che fondò i Ram, sono stati i padroni di casa di un weekend incantevole: cena del sabato sera alla Canottieri Lario, con il ristorante in terrazza praticamente riservato tutto a loro, ieri la gita in battello sul primo bacino, e poi il pranzo di commiato al Bar Dalì di Montano, con una grande grigliata. Lo striscione (poteva mancare lo striscione) sempre steso, anche fuori dal battello: giallo e verde, abbinamento scelto per non confondersi con nessuna squadra italiana. A tavola si sono seduti, uno accanto all’altro, i fondatori degli Ultras Granata del Torino, degli Ultras Viola della Fiorentina, degli Ultras Tito Cucchiaroni Sampdoria (tra cui il “Boso”, poi magazziniere della Samp dello scudetto), del Commando Ultrà Curva Sud della Roma, degli Eagles Supporters della Lazio, dei Forever Ultras dell’Inter, della Fossa dei Leoni del Milan, e poi Genoa, Salernitana, Vicenza, Massese, Lecco,persino un francese da Saint Etienne.

Al tavolo, Pino, oggi oltre i sessantanni, va citato perché fu lui a scegliere il nome ultras per il primo gruppo di questo genere nato nelle curve italiane, a Torino; e forse fu questa idea a far utilizzare, poi, quel nome specifico, in senso generico, per tutte le tifoserie.

Era il 1967, gli spunti stilistici e comportamentali arrivavano dalle lotte di piazza: nasceva una maniera di fare il tifo che, seppure solo mutuata leggermente dalle tifoserie inglesi (sciarpate ineggianti, cori cantilenanti), subito avrebbe imposto una propria moda specifica, con gli striscioni, i tamburi, i fumogeni, che poi sarebbe diventato un modello esportato in tutta Europa: oggi in Germania e in Francia, ma anche in Svizzera o in Ungheria, si tifa all’italiana, con i nomi e cori copiati dai gruppi di qui. Ma c’è di più, perché questa è stata (e continua ad essere) una storia di aggregazione. Che oggi ha virato decisamente verso il business, con le società che sfruttano slogan e motti per creare senso di appartenenza (e far spendere allo shop). Ai pioneri, questo, non sarebbe piaciuto? Ma che importa? Dopo essersi gridati di tutto dalle curve, eccoli qui a braccetto. Commovente. C’è il sospetto che qualcuno gli debba un grazie.

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