Mister Favini e i suoi allievi prediletti
«Che carisma». «Un secondo padre»

Il ricordo del Mago di Meda fatto da Centi, Galia e Fontolan

Mino Favini ha scoperto e formato calciatori, ma con qualcuno ha fatto di più. A qualcuno ha insegnato anche a fare l’allenatore. Giancarlo Centi ne ha seguito le orme in tutto, compreso qualche anno all’Atalanta, fino a diventare responsabile del settore giovanile del Como.

Seguendo le logiche e i criteri del suo maestro. «Della sua grandezza come persona e come uomo di calcio è già stato detto tanto anche con lui in vita. La cosa bella è che una volta tanto ha veramente senso dire che lui vivrà e vive in tanti di noi, nelle tante persone a cui lui ha insegnato a diventare uomini prima ancora che professionisti del calcio, e ci ha insegnato come trasmetterlo».

Centi sottolinea come «Favini ha saputo sempre fare la sintesi tra passato e futuro, anche adesso i suoi insegnamenti sono di grande attualità. L’ho accompagnato a gennaio per la sua ultima intervista, ancora lucidissimo pur se fisicamente stanco. Ed era quello che è sempre stato, una specie di calamita, un uomo dal carisma unico, proprio perchè con lui chiunque aveva sempre da imparare. Ma nello stesso tempo la sua dote più grande era quella di saper ascoltare, ascoltava tutti, con attenzione vera».

«Ricordo quando venne a casa mia per convincere la mia famiglia a lasciarmi al Como, io avevo fatto un provino all’Inter. Restai qui - racconta Roberto Galia, anche lui con Favini anche da allenatore -, e per me divenne una specie di secondo padre. Riusciva a vedere oltre, come nessun altro. Incontrarlo è stata una grande fortuna per me come per tanti di noi, ha sicuramente cambiato la nostra vita. Noi eravamo quattro fratelli, tutti nel Como. Qualcuno era forse più dotato di me, ma lui ha colto quel qualcosa che serviva per farmi arrivare in alto, ed è riuscito a farlo venir fuori. Come è stato con tanti altri. E ogni volta che lo si incontrava era sempre una gioia. La sua filosofia lo ha portato a scegliere di restare in due società provinciali, rifiutando anche proposte più importanti. Ma a lui piaceva questo, l’idea di avere carta bianca, di poter lavorare con calma e continuità. Così ha fatto davvero la storia del calcio, come forse nessun altro».

«Sono commosso, non riesco davvero a dire niente», la reazione tra le lacrime di Silvano Fontolan. Per tanti giocatori che hanno fatto la storia del Como, davvero, è morto un secondo padre.

«Quando vedeva i ragazzi in campo, quando si metteva lì in panchina - conclude Centi - era come quando si legge un libro interessante, non vedeva l’ora di arrivare alla fine, con la curiosità di capire se quei ragazzi sarebbero diventati calciatori. Si svegliava con questa passione ogni giorno, per tutti questi anni, con tantissimi ragazzi, e l’ha trasmessa anche a noi. E questo di lui resterà sempre in chi gli ha lavorato vicino».

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