Walker, l’inglese di Como
«Mi manda papà Des»

Alla scoperta del giovane attaccante a segno a Busto Arsizio

Maledette bolle e restrizioni. Quella che avrebbe potuto essere una chiacchierata dal vivo, con Lewis Walker, è diventata una call via zoom. Più fredda e formale. Ma comunque utile (anche grazie all’intercessione dell’addetto stampa Alessandro Camagni) a capire i tratti di questo ragazzo tranquillo, un po’ timido, figlio d’arte (il papà ha vestito la maglia della Nazionale inglese e, in Italia, della Sampdoria), soprattutto unico degli inglesi mandati qui da Wise a resistere e a fermarsi in azzurro.

Sabato scorso, a Busto Arsizio, ha segnato il suo prmo gol con la maglia azzurra. Così siamo andati a sentirlo, per conoscere sogni e obiettivi. «Ho segnato il primo gol con la maglia del Como e sono ovviamente contento. Ma avrei preferito che fosse utile alla squadra. Ho sperato che lo fosse, ma poi siano usciti sconfitti».

Walker è un attaccante che ha fatto fatica a ritagliarsi un po’ di spazio, ma è anche uno tosto perché non si è fatto intimidire dalla prime difficoltà incontrate, quelle che forse hanno spinto i suoi tre compagni di avventura a fare le valigie e a tornare in Inghilterra.

«Non è facile. Arrivi, non conosci il campionato italiano, non cono sci la lingua, è tutto strano. Capisco che gli altri ragazzi abbiano deciso di tornare a casa. Loro erano più giovani di me e forse pativano di più la lontananza dalla famiglia. Io con due anni di più ho guardato oltre».

Ok, ma anche per lui è stata dura. Anzi, almeno a giudicare dalle sensazioni che si avevano, lui poteva essere considerato la quarta scelta. Nel senso che Bansal, Agiakwa e Foulds erano entrati a turno nella possibilità di vederli in campo, lui invece era arrivato quasi come uno stagista, uno che era qui per imparare, il quarto attaccante dopo Gabrielloni, Ferrari e Rosseti: «Ma non ho ai mollato. E non lo faccio ora. Non ho grilli per la testa, non ho obiettivi giganti, non penso alla Premier o alla serie A: penso solo allenamento dopo allenamento a convincere l’allenatore. Gattuso ha dimostrato di avere un po’ più di fiducia, almeno io ho sentito questo. Che attaccante sono? Come modello ho sempre avuto gente come Giroud o Lukaku che sono bravi anche a fare il lavoro sporco, ad aiutare la squadra. Poi mi piace tirare».

Il papà è Des Walker, 59 presenze in Nazionale (giocò i Mondiali del 90 in Italia), giocatore del Nottingham e dello Sheffield, oggi allenatore di Garuda, il progetto giovani di Hartono in Indonesia (ma la squadra è in Inghilterra). Ce n’è abbastanza per essere orgogliosi: «Lo sono, certo. Ma quando sono nato. lui ormai stava smettendo. Non posso dire di averlo visto giocare. Piuttosto per me è importante quello che mi ha detto, come mi aiutato e i consigli che mi ha dato».

Hanno parlato dell’Italia, quando è nata questa opportunità: «Sì, certo. Mi ha detto che in Italia si sta bene, mi ha parlato anche di Como come un luogo incantevole. Ma quando si è parlato di calcio, mi ha detto: Denis, il campo e le porte sono uguali dappertutto, alla fine si tratta di giocare a pallone». Che ragazzo è Lewis Walker? «Mi piace socializzare, mi piace incontrare le persone anche se non sono uno espansivo, sono tranquillo e riservato. Purtroppo la pandemia ha impedito che conoscessi più persone extra calcio. Gioco alla playstation e godo del meteo italiano che è fantastico. Avete presente com’è marzo in Inghilterra? L’Italia mi piace, sto studiando duro per imparare la lingua». Allora la prossima intervista sarà in italiano? «Spero di sì». Specie se arriveranno altri gol.

© RIPRODUZIONE RISERVATA