Gilardoni da Guinness
«Anche per la Lario»

La galleria di personaggi che hanno fatto grande la Canottieri. Tocca all’undici volte campione le mondo

Nei 120 anni della Canottieri Lario c’è anche lui. Daniele Gilardoni è uno dei personaggi più “pesanti” del club nerostellato, un campione che ha fatto la storia con i suoi undici titoli mondiali (nove della Lario) e che ha contribuito alla diffusione del canottaggio in maniera più moderna, in ottica più manageriale. Una visibilità che, come racconta lui stesso, è stata anche un problema e che gli ha causato qualche controindicazione nei rapporti umani fuori e dentro il club.

Ma da qualsiasi angolazione la si guardi, questa è soprattutto la storia di undici titoli mondiali, di cui nove consecutivi, che rappresentano un record, un’eccellenza dello sport comasco. Lui il canottiere più iridato al mondo. Oggi Daniele Gilardoni ha 45 anni, lavora alla dogana di Como nel settore dell’antifrode sui prodotti sottoposti ad accise (petroliferi e infiammabili), è inserito nello staff tecnico della federazione nella squadra azzurra degli Under 23, è allenatore della Tritium di Trezzo d’Adda ed è appena entrato nella squadra del Coni di Como del suo amico Niki D’Angelo.

Come sta, Gilardoni?

Bene, grazie. Sono molto impegnato, tra il mio lavoro e i due incarichi tecnici nel canottaggio. Non mi annoio. Peccato che remo poco. E si vede (ride, ndr)

I 120 anni della Lario passano dai suoi successi.

Beh, credo di avere scritto delle pagine importanti. Anzi, volete sapere una cosa? Sta andando a compimento l’iter per vedere riconosciuto dal libro dei guinness dei primati dello sport, il mio bottino di titoli. Undici mondiali e nove consecutivi sono un primato assoluto. E il secondo primato è tutto anche della Lario.

Eppure lei, non solo non lavora più alla Lario, ma nemmeno sul lago di Como. Possibile

Evidentemente… Posso dire che io lavoro per chi mi ha chiamato. Non ho ricevuto offerte dai club lariani. Anzi, una sì.

Quale?

Quella del mio amico Niki D’Angelo quando era presidente della Cernobbio. Quando finì la mia avventura alla Lario, cercò di portarmi lì ad allenare i bambini. Ma l’idea fu bocciata, e lui addirittura si dimise.

Non dà l’impressione di essere molto amato, diciamo la verità.

Mah, è una storia lunga. Io pago essenzialmente il lavoro che ho fatto per dare al canottaggio una visibilità nuova. Era un periodo in cui le società non si occupavano dell’esigenza di promuovere la propria attività. Io ho cercato di dare visibilità al canottaggio con una attività di pubbliche relazioni professionale: contatti con gli sponsor, con le istituzioni, con i vertici dello sport. Venivo visto come un prezzemolino sempre in mezzo alle situazioni. E questo per qualcuno era fastidioso.

Poi dicevano che guadagnava troppo, che era un peso per il club.

La cosa più brutta che ho sentito, è che me ne sarei andato sbattendo la porta, e non è vero. La verità è che c’era uno scontro tra chi mi voleva e chi no. Molteni, Capurso ma anche lo stesso Leo Bernasconi mi hanno sempre difeso. Si vede che a qualcuno non piacevo. E anche a Pusiano sembrava dovesse iniziare una collaborazione, ma nulla. A un certo punto sembrava dovessero dedicarmi una sala, e mi sembrava esagerato. Ma da qui a nemmeno parlare di una collaborazione...

Cosa prova per la Lario adesso?

Affetto. Tanto affetto. Casa mia è piena di immagini, gagliardetti, ricordi, fotografie. Ho passato tanto tempo in quella squadra e il mio affetto è intatto. E’ stata una pagina della mia vita importante. Come posso dimenticare i due pullman di sostenitori per venire a vedere le mie gare? Si respirava un clima speciale, io partecipavo alla vita del club, remavo per divertimento anche con i master.

Chiusa la strada alla Lario, però ci si aspettava che lei potesse magari allenare in altri club sul lago. Invece la troviamo alla Tritium Milano…

Della Lario ho detto, a Cernobbio e Moltrasio hanno allenatori molto capaci, non era il momento.

Come mai la Tritium?

Dopo la Lario ho remato per la Canottieri Milano, poi in Inghilterra, alla Lecco. Poi c’è stata questa proposta dalla Tritium: mi hanno detto che se non ci andavo, dovevano chiudere. Ho sentito una grande responsabilità. Abbiamo creato uno staff giovane, siamo passati da 6 ragazzini a 40. Adesso mi ha raggiunto anche mia sorella Cristina che è appena diventata mamma.

Il Mondiale più bello?

Il primo e l’ultimo. Il primo non si scorda mai, l’ultimo è stata una grande rivincita dopo che non ero stato convocato nel 2010 e la barca era uscita dalla zona medaglie.

Era presidente il bellagino Gandola.

Con lui i rapporti non sono stati bellissimi. Non so perché mi lasciarono a casa.

E le Olimpiadi?

Feci la riserva a Pechino 2008, e quella è stata dura da mandare giù. Nell’avvicinamento avevamo fatto bene, eravamo i più forti. Un mistero.

Un successo a cui si sente particolarmente legato.

Il successo in singolo dopo l’amarezza delle Olimpiadi. Ero contento di aver regalato alla Lario un successo inedito.

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