Cerutti: «La mia Dakar
dura come un sasso»

Che sfortuna. Un sasso preso in pieno a 120 km all’ora. L’impatto non mi ha lasciato scampo

Jacopo Cerutti è tornato a casa. Dopo il suo ritiro alla Dakar 2019, per un impatto contro un grosso sasso reso invisibile dalla polvere. Nessun danno fisico, ma tanta delusione per un risultato sfumato che poteva essere molto positivo. In linea con la prima sua esperienza di tre anni fa, quando arrivò 12°. La Dakar è un film, che ti frulla nella mente per tanti giorni dopo la fine dell’impegno. E così nella mente di Jacopo continuano a scorrere le immagini di questa sua quarta esperienza: dopo un 12° posto, un 20° e due ritiri per caduta. Ci siamo accomodati con lui nella immaginaria sala cinematografica per rivedere gli highlights della corsa.

Cominciamo dalla caduta?

«Che sfortuna. Un sasso preso in pieno a 120 km all’ora. L’impatto non mi ha lasciato scampo. Non mi sono nemmeno reso conto dell’ostacolo: mi sono capovolto in avanti, ruzzolando nella sabbia. Sono rimasto un po’ fermo per capire che non avessi niente di rotto. Avevo male un po’ dappertutto ma soprattutto c’era la rabbia».

Hanno tirato in ballo la partenza stile motocross. Ma lì eravate 140 km. dopo quella partenza...

«Sì, però quando parti in gruppo, tutti uno attaccato all’altro, poi viaggi in gruppettini di 10 piloti tutti ingarellati, una specie di gran premio sulla sabbia. In quel tratto c’era fondo scuro, e sembrava duro, ma in realtà sotto c’era il fesh fesh, il terribile borotalco che fa una polvere sottile. Non vedi più nulla. Allora ho cercato di uscire dalla scia di quelli davanti: sono attimi, decidi di tagliare a destra o a sinistra la colonna di polvere. Io ho deciso di andare a sinistra, e proprio lì c’era il maledetto sasso...»

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