Riecco la Maratona delle Dolomiti: tanti comaschi al via

Ciclismo amatoriale: domenica l’edizione numero 35 della manifestazione che attraversa i passi dolomitici Auto al bando, all’insegna della tutela della natura

Undici, quindici, diciannove. Se domenica vi capitasse di soffrire d’insonnia e di imbattervi su Rai2 – che la trasmetterà in diretta per sei ore a partire dalle 6.30 – date un’occhiata alla Maratona Dles Dolomites e, in particolare, ai numeri di quei pettorali. Riuscireste a scorgere, sotto casco e bandana, i volti familiari di Paolo Bettini, Davide Cassani e Miguel Indurain, tre fenomeni assoluti della bicicletta.

E il bello è che sono soltanto tre dei grandi nomi pronti a cimentarsi nell’edizione numero 35 della più importante, suggestiva e coinvolgente corsa ciclistica per amatori che viene organizzata in Italia.

Si affrontano i passi più famosi: Pordoi, Sella, Gardena, Falzarego

Basterebbero loro – per risparmiarvi tanti altri sportivi di ogni disciplina – per indurre il più savio dei cicloamatori della domenica a lasciar perdere e a infilare la prima rotonda che porta verso l’albergo.

E invece no, si sta solo scherzando: saranno ottomila (a fronte di 27.800 richieste pervenute) i fortunati che potranno attaccare il numero sulla schiena, per metà provenienti dall’estero e in molti casi dai posti più impensabili, che siano la Nuova Zelanda oppure il Cile. Tra loro, manco a dirlo, anche i 55 comaschi che hanno “vinto” il sorteggio, insieme a 20 lecchesi e 18 sondriesi. Un bel gruppone di malati di due ruote, insomma, in arrivo della Lombardia più profonda per affrontare alcune delle vette sacre del ciclismo mondiale: dal passo Pordoi al Sella, dal Gardena al Campolongo, dal Falzarego al mitico Giau.

E se non ci fosse il numero chiuso, sarebbero molto di più quelli pronti a fare carte false per poter partecipare a questa corsa che chiamare corsa è tuttavia riduttivo. La Maratona Dles Dolomites è molto di più una semplice (oltre che durissima) pedalata tutta gambe e fiato, cuore e cervello. Michil Costa, il poliedrico albergatore-filosofo che guida il Comitato organizzatore, l’ha trasformata in un evento nel corso del quale, e per un’intera settimana, si parla di ciclismo ma anche di tante altre cose. Di turismo, per cominciare, perché l’Alta Badia è una delle capitali dell’accoglienza ma rischia, come noi lariani sappiamo bene, di doversi piegare alle logiche qualche volta perverse di un’accoglienza selvaggia.

Di ambiente, poi, perché le Dolomiti non sono un patrimonio Unesco solo per potersi vantare e alzare i prezzi degli hotel, ma rappresentano un ecosistema senza pari, degno di essere difeso dalle carovane di auto e motociclette che sputano anidride carbonica persino laddove l’aria è così tersa da far male ai polmoni.

Anche per tutto questo, la Maratona Dles Dolomites si porta appresso, anno dopo anno, un tema su cui riflettere mentre, arrancando sui pedali, si sale verso cime piene di storia e di sudore, di vittorie e di sconfitte.

Mettete dei fiori nei vostri pignoni, si potrebbe dire parafrasando quello slogan anni Sessanta. Proprio la flora – ciuff, in lingua ladina – è l’argomento scelto e bastano le parole di Costa per arrivare all’essenza: «Arriverete in tanti e potrete godervi il paesaggio, anzi, sarete voi a essere paesaggio. Perché il paesaggio non esiste se non in noi, in quello che percepiamo. Quindi il paesaggio naturale è una nostra costruzione creativa e, attraverso le nostre azioni, lo determiniamo. Nel bene o nel male. Correre la Maratona è costruire un paesaggio bello dentro di noi, che per una volta spegniamo le auto e accendiamo la nostra voglia di libertà».

Già, la voglia di libertà. Ne sanno qualcosa i lariani ed i sondriesi – e sono stati tanti in questi 35 anni di storia della maratona – che si sono cimentati sui tre percorsi: il Classico di 55 chilometri, il medio di 106 con tremila e passa metri di dislivello e il lungo di 138, con il terribile Giau che Vincenzo Nibali ha percorso in 33 minuti e 34 secondi ma che – un cicloamatore come noi – sarà una sfida innaturale ben oltre l’ora di scalata. Il resto è pura meraviglia: le cime delle montagne che si colorano di rosa e che si fatica a immaginarle frutto del caso, le strade improvvisamente svuotate dai fumi di scarico. E, soprattutto, la dolce melodia di una catena che gira in un silenzio che prende il cuore. Alla fine, ne converrà anche l’ultimo arrivato sul traguardo a pomeriggio inoltrato, con la lingua fuori e i polmoni a fuoco, ne sarà valsa la pena. La bellezza, quando passa, va presa al balzo. Il resto è rimpianto. (Ernesto Galigani)

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