Cantù, muore maggiore dell’Esercito
Aveva 48 anni, lascia una bimba

Vittorio Fara vinto da un tumore. Domani l’addio a San Teodoro Lo piangono la moglie Susanna, la figlia Camilla, familiari, amici e colleghi

Una passione per la legge e una vita dedicata allo Stato.

È morto a 48 anni, dopo una malattia, Vittorio Fara, maggiore dell’Esercito in servizio alla caserma Ugo Mara di Solbiate Olona, Varese, Corpo d’Armata di Reazione Rapida Nato. Viveva in via Selvaregina, a Cantù, dove lascia una moglie, l’avvocato Susanna Conti, e una bimba di 10 anni, Camilla.

Fara ha iniziato come carabiniere, nell’anno di leva. Dai colleghi dell’Esercito viene descritto come una persona attenta ai valori della divisa, nel senso più ampio dell’espressione. Dapprima, un periodo come ufficiale in ferma prefissata, per poi vincere il concorso e passare in servizio permanente.

A Solbiate Olona era effettivo da qualche anno, il 2017. La caserma è un comando Nato a guida italiana, una caserma che vede tutte le componenti delle Forze Armate ma anche personale straniero: venti paesi esteri, con ad esempio americani, francesi, spagnoli, greci, ungheresi.

Il maggiore Fara si è occupato, nel corso della sua carriera, di tutte le incombenze pratiche dal punto di vista legale. Laureato in giurisprudenza, da un punto di vista tecnico si è occupato dei contenziosi. Fino all’estate 2020. Quando è stato colpito dalla malattia: un tumore.

«Vittorio aveva l’abilitazione per esercitare la professione forense ed era dottore di ricerca, PhD - ricorda la moglie -. Aveva approfondito in modo particolare la storia delle dottrine, svolgendo opera di ricerca con il mondo universitario. Era un cultore delle strutture di governo come Stati Uniti e Svizzera. Mio marito aveva una passione per la storia smisurata. Nel giugno 2020, la diagnosi di un tumore raro: una forma difficilmente curabile».

I funerali saranno domani mattina, sabato, a San Teodoro, alle 11.30. Ci saranno i vertici del Corpo d’Armata e un picchetto d’onore. Fara viene considerato deceduto in servizio, in quanto i colleghi hanno sperato comunque in un suo ritorno nel corso della malattia: non è stato riformato e a tutti gli effetti è morto da ufficiale dell’Esercito. Verrà portato a spalla dai militari e all’uscita della chiesa sarà accompagnato da una presenza in armi.

Ci sarà un simbolo particolare nel portaferetro, in ricordo di un suo avo bersagliere, il generale Gustavo Fara, a cui sono state intitolate vie sia a Milano che a Roma. L’abilità del Fara emerse in maniera preponderante nelle ultime fasi della Grande Guerra: nell’agosto del 1917 costituì la 47ª divisione bersaglieri con la quale prese parte all’undicesima offensiva dell’Isonzo, riuscendo ad oltrepassare il fiume ed a raggiungere l’altopiano della Bainsizza.

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