Insulti e oscenità
«Quanta violenza
contro noi donne»

«Con le frasi si feriscono e si distruggono le persone». Il 12 al San Teodoro di Cantù una serata contro le Parole dell’odio organizzata da Diogene

Anche i silenzi feriscono. «A mio avviso, ci sono tre livelli di violenza verbale: l’insulto vero e proprio, quello implicito del linguaggio» e, appunto, «il silenzio di chi assiste a tutto questo odio e tace». A dirlo è Alle Bonicalzi, filosofa, fotografa ed editor, nonché collaboratrice dell’associazione WiWs, Women in White Society e ideatrice della campagna contro i messaggi sessisti dal titolo “Noi ci siamo scocciate”.

Tre livelli di violenza

«Il primo livello è l’insulto verso quelle donne che rivestono una posizione di potere e visibilità pubblica. Contro di loro la prima arma di violenza e distruzione è l’offesa, che si concentra sul corpo e sulla questione sessuale. L’abbiamo visto nel caso di Carola Rackete, di Greta Thumberg e Laura Boldrini, donne alle quali sono state rivolte parole di una violenza sconcertante. Il secondo, è quello dell’implicito del linguaggio, perché è la nostra stessa lingua a non essere neutra. Nel plurale prevale il maschile. A far paura, di nuovo, sono i femminili delle parole di potere: su cuoca nessuno storce il naso, ma su sindaca sì».

Quindi viene il silenzio. «L’ultimo livello, quello più grave, è l’atteggiamento di chi assiste o è vittima di questa violenza e tace. Prendiamo ad esempio il web: l’anonimato garantito dalla rete scatena gli istinti peggiori della gente, gente che non ha nessuna percezione della responsabilità dietro alle parole, gente che non ha il coraggio di sostenere lo sguardo della persona su cui sta esercitando violenza. Questo fenomeno è reso ancora più devastante dalla massa che osserva, ascolta, legge e non interviene».

La campagna “Noi ci siamo scocciate” ha portato alla luce decine di testimonianze legate alla discriminazione di genere, raccolte in un libro che contiene anche gli interventi della presidente dell’associazione Paola Minussi e della psicologa Veronica Cortinovis.

«Mi viene in mente la storia di Beatrice - prosegue Alle Bonicalzi - Si trovava in autobus. Un gruppo di ragazzi, dopo aver salutato affettuosamente una compagna di scuola scesa ad una fermata, ne hanno poi commentato l’avvenenza fisica e la presunta disponibilità, esprimendosi con un linguaggio squalificante e violento. Beatrice, ovviamente, è intervenuta, nel tentativo di spiegare ai ragazzi la gravità e le conseguenze di un comportamento come quello, amareggiata per essere stata l’unica, tra tutti i presenti, a far sentire la sua voce. O ancora, la testimonianza di Serena, che da un giorno all’altro si è trovata vittima di stalking da parte di un individuo assolutamente insospettabile, un amico di amici conosciuto al bar, il quale, per mesi, l’ha perseguitata con messaggi telefonici pieni di insulti e oscenità, talmente disgustosi da indurla a rivolgersi alle autorità. Un incubo da cui non è ancora del tutto uscita».

Le parole pesano

Si può pensare, però, che finché tutto questo resta solo ad un livello verbale, non possa nuocere fino in fondo, perché, di certo, “fanno più male le botte delle parole”. «La parola è potente ed è capace di ferire, annientare, distruggere l’identità e la personalità. In un’indagine condotta su Twitter, è emerso che il contenuto di 40 messaggi su 150 (la maggioranza rispetto alle categorie esaminate) era profondamente discriminatorio nei confronti delle donne. Il problema si aggrava ulteriormente quando si cerca di far passare tutto questo come “scherzo goliardico”, perdendo di vista la sua natura profondamente violenta».

Giovedì 12 dicembre tutti a Cantù

Si intitola “Le parole dell’odio” la serata organizzata da Diogene – La città solidale e La Provincia in collaborazione con il Centro servizi per il volontariato dell’Insubria sede di Como giovedì 12 dicembre al Teatro San Teodoro di via Corbetta 7 a Cantù. Non è sfuggito a nessuno che, in un mondo dove virtuale e reale si confondono grazie ai social, questi ultimi oltre a favorire la conoscenza e l’interazione per le persone si sono anche trasformati in un luogo dove taluni danno sfogo a cattiverie e frustrazioni personali senza riuscire a comprendere i danni arrecati a chi sta dall’altra parte. Ecco, quindi, non un semplice incontro, ma una serata di testimonianze e di spettacolo nella quale si alterneranno sul palco i Sulutumana e l’attore e drammaturgo Giuseppe Adduci e gli ospiti chiamati ad affrontare quattro focus legati al tema. L’evento, che sarà aperto dagli interventi del direttore de La Provincia Diego Minonzio, del responsabile di Diogene Paolo Moretti e del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Alessandro Galimberti, si interesserà inizialmente al tema “Parole d’odio e le donne”, con la Women in white society presieduta da Paola Minussi con Alle Bonicalzi, fotografa, filosofa e consulente dell’associazione. Pochi soggetti suscitano becere parole d’odio più dei migranti e può accadere che una cittadina inglese residente a Como da decenni, come Amanda Cooney, riceva minacce e insulti per avere difeso due ragazzi africani accusati (ingiustamente, come è poi stato provato) di avere aggredito l personale di servizio di un autobus. Olivia Molteni Piro, mamma adottiva impegnata nella cooperazione internazionale e nell’accoglienza dei rifugiati, vive da anni sulla sua pelle l’odio della discriminazione. Un altro campo minato è quello della scuola dove “Le parole fanno più male delle botte”, come può testimoniare Paolo Picchio, papà di Carolina, spinta al suicidio all’età di 14 anni dalle frasi postate sui social a commento di un video che la riprendeva, girato a sua insaputa. A lei è stata intitolata una fondazione presieduta da Ivano Zoppi. Altri ospiti verranno annunciati nel corso di questi giorni che ci separano dall’appuntamento, ancora in fase di organizzazione, che sarà concluso da Anna Sfardini, docente del dipartimento di scienze della comunicazione dell’Università Cattolica di Milano. L’ingresso sarà libero e garantito fino all’esaurimento dei posti a sedere disponibili

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