Marcia della pace, il via in moschea
Il sindaco di Cantù diserterà la tappa

Bufera politica sull’iniziativa di domenica del Decanato che coinvolge gli islamici. Galbiati in tv: «Rispettiamo la libertà di culto ma per noi quel capannone è irregolare»

Sulla Marcia della Pace scoppia la guerra politica. Quest’anno tocca a Cantù ospitare la manifestazione, che rappresenta il culmine delle iniziative del 27° mese della Pace.

Promosso dalla Caritas decanale e da nove associazioni legate ai giovani del decanato stesso, e poiché il punto d’avvio da cui muoverà è stato fissato al capannone di via Milano sede dell’associazione islamica Assalam, l’amministrazione comunale ha annunciato la decisione di saltare questa tappa.

L’appuntamento è fissato per domenica alle 14.30 e la marcia, ormai da tradizione, è sempre uno dei momenti più sentiti oltre che maggiormente partecipati. A guidarla sarà monsignor Franco Agnesi, vicario generale della diocesi di Milano, ed è prevista la presenza di rappresentanti di altre confessioni religiose.

Simbolicamente forte, quindi, la scelta di partire dal capannone che negli ultimi due anni è stato al centro di aspre polemiche e di uno scontro che vede contrapposti in tribunale Assalam e il Comune. Recentemente la Corte Costituzionale ha annullato due disposizioni nella disciplina urbanistica lombarda, ritenendo che sia stata limitata irragionevolmente la libertà di professare le propria religione, notizia accolta con grande soddisfazione da Assalam.

Il sindaco Alice Galbiati, intervistata da Espansione Tv, stasera ha dichiarato: «Non riconosciamo quello stabile come luogo di culto e non parteciperemo alla prima tappa della marcia. Abbiamo dato il patrocinio al decanato per il valore dell’evento, che non è in discussione. Pace e libertà vanno oltre la scelta delle tappe della marcia. I rappresentanti della giunta però non saranno presenti alla partenza. Non riconosciamo quel capannone come un luogo di culto e non ci saremo. Siamo per la libertà di culto, ma ci sono regole da rispettare. Per noi quel locale non è regolare e non lo rispettiamo come luogo di culto. Saremo presenti dalle tappe successive».

Contattata da “La Provincia”, non è stato possibile parlarle e gli altri membri della giunta hanno rimandato a lei in merito a questa decisione.

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