Quattro indagati per caporalato: lavoratori in nero anche a Cantù

L’inchiesta Denunciati titolare, responsabili di produzione e “reclutatore” L’azienda bergamasca Ccm Group ha sedi in via San Primo e a Truccazzano

La squadra mobile della polizia di Como ha chiuso in queste ore una prima parte di una indagine avviata a inizio anno nei confronti della Ccm, una azienda bergamasca con sedi a Truccazzano e a Cantù, in via Monte San Primo. Con l’accusa di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” - quel che in soldoni si definisce “caporalato” - sono finiti sul registro degli indagati della Procura di Como l’amministratore unico dell’azienda, Angelo Marinoni, i due responsabili di produzione delle due sedi e un cittadino egiziano che la mobile ha fermato l’altroieri a Malpensa, un attimo prima che rimpatriasse a bordo di un volo diretto al Cairo.

Commesse da tutto il mondo

La Ccm è una azienda piuttosto nota: realizza arredamento per aeroporti, con commesse da tutto il mondo. L’accusa - sulla quale, ovviamente, gli indagati avranno tempo e modo di fornire una propria versione - è quella di avere sfruttato un certo numero di lavoratori in gran parte stranieri, approfittando del loro stato di bisogno e facendoli lavorare in nero. La polizia - che ha lavorato assieme a personale dell’Ispettorato del lavoro e del “Nil”, il nucleo dell’Arma dei carabinieri che si occupa di questo genere di tematiche - aveva avviato i primi accertamenti in seguito a infortunio. L’attività investigativa è sfociata l’altroieri nell’esecuzione di un doppio decreto di perquisizione nelle due sedi operative di Cantù e di Truccazzano. In via Monte San Primo sono stati identificati 11 lavoratori stranieri clandestini «in stato di indigenza» - per dirla con il comunicato diffuso ieri dalla questura - tutti impiegati in nero e alloggiati, otto di loro, in un appartamento poco distante, riconducibile allo stesso gruppo industriale. Nella medesima occasione sono stati identificati anche altri lavoratori, italiani e stranieri con permesso di soggiorno, ugualmente impiegati senza contratto. Sempre secondo gli investigatori, a reclutare la manodopera era il cittadino egiziano fermato a Malpensa. Gli sono stati sequestrati 10mila euro in contanti.

Le sanzioni amministrative

L’inchiesta è ancora in fase preliminare, ma gli elementi raccolti dalla squadra mobile fanno pensare a una prassi in vigore da anni. Sembra che, per esempio, quando si trattava di lavorare direttamente in cantiere, montando mobili all’interno degli scali aeroportuali che richiedevano ovviamente l’esibizione del contratto di lavoro degli operai, questi venissero assunti e messi in regola per pochissimi giorni, giusto il tempo di concludere il lavoro salvo poi essere nuovamente “licenziati” e nuovamente reimpiegati in nero.

L’attività imprenditoriale è stata sospesa, come prevede la normativa sulla sicurezza sul lavoro. Si parla di sanzioni amministrative per centinaia di miglia di euro.

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