«Spezziamo la solitudine della malattia»

Genitori di una bimba nata con una patologia genetica rara fondano una onlus per aiutare le famiglie come loro

Sofia ha sei anni e il suo sorriso, quando si accende, quelle rare volte in cui capita, sprigiona una luce che scalda la stanza. Un miracolo. È affetta da Tubulinopatia, una malattia genetica rara ad oggi ancora poco conosciuta, che causa ritardi psicomotori anche molto gravi. Sofia infatti non cammina, non parla, i suoi occhi non vedono ed è alimentata con un una sonda che arriva direttamente nel suo stomaco.

«Al nono mese di gravidanza abbiamo scoperto della sua patologia – racconta la mamma, Marta Paddeu, che con il marito, Gabriele Maggi, ha accettato la sfida di far nascere la bambina e di starle accanto nella sua crescita – Avevo 29 anni, un minuto prima sceglievo i vestiti che avrebbe indossato, andavo al corso pre-parto, ero al settimo cielo e il minuto dopo mi ha schiacciato il peso di una diagnosi senza appello, un verdetto che ha devastato un’intera famiglia. C’è stato chi, ai tempi, ci ha consigliato di recarci all’estero per un aborto, non ci hanno mai dato speranze. “Ma io chi sono per interrompere una vita?”. È la domanda che mi sono posta allora e che mi farei ancora oggi. Sofia è venuta al mondo e dal primo momento non abbiamo mai smesso di lottare con lei».

L’idea dell’associazione

Anzi i due genitori, con il nonno, Antonio Paddeu, già direttore dell’ unità operativa di Riabilitazione Cardiorespiratoria “Paola Giancola” dell’ospedale di Cantù, e alcuni amici hanno fatto molto di più.

Nel 2018 hanno creato l’associazione S.p.r.i.n.t. Onlus che raccoglie fondi per finanziare iniziative nel campo delle Tubulinopatie. Promuove il sostegno, la prevenzione, la ricerca, l’intervento precoce per cercare di affrontare le Tubulinopatie nel migliore dei modi. E in particolare punta a fare rete con le famiglie che si trovano a convivere con situazioni simili a quella di Marta, Gabriele e Sofia.

Da un dolore e da una difficoltà enormi è scattato per loro, quasi per reazione e di sicuro per un bisogno concreto, il coraggio di scommettere ancora una volta sulla vita, che la vita pesasse ancora una volta di più sulla bilancia perché l’esperienza di questa famiglia non andasse sprecata ma venisse condivisa e messa a frutto.

«Dopo il parto, Sofia è nata il 28 ottobre del 2015, e dopo due mesi di ricovero in terapia intensiva, quando siamo tornate a case, mi sono subito accorta che questa impresa l’avremmo dovuto affrontare come famiglia, ma da soli – continua Marta - Non esiste un percorso di supporto psicologico per la coppia, si è abbandonati, senza punti di riferimento. E non tutte le famiglie hanno i mezzi propri per sperimentare terapie innovative. Noi da Como ci siamo recati a Milano, Cannero Riviera, Napoli fino a Tel Aviv per provare di tutto e con spese molto importanti. In Israele siamo arrivati a pagare la terapia anche sei mila euro la settimana. Ma purtroppo per Sofia i miglioramenti o non ci sono stati o sono stati minimi».

«Quello che abbiamo vissuto è stata una guerra impari – aggiunge Antonio Paddeu – C’è molto da fare per la ricerca nel campo delle malattie rare e se c’è la volontà, l’ha dimostrato il lavoro che in tempi record ha portato al vaccino contro il Covid, si possono fare passi da gigante per questi bambini e queste bambine speciali. Tra le prime cose da fare c’è quella di colmare il gap tra ospedale e famiglie e pensare a una rete di supporto perché non si sentano mai perse».

S.p.r.i.n.t. Onlus sta lavorando in questa direzione. Marta è una psicopedagogista, coltiva il desiderio di mettere a frutto la sua esperienza personale con quella professionale.

«Soli a scalare l’Everest»

«Queste patologie invadono una famiglia, sono eventi traumatizzanti a cui non si è preparati. Ti ritrovi a scalare l’Everest e per giunta senza sapere quale sia l’equipaggiamento giusto e senza una guida che indichi la via. Con la nostra associazione l’obiettivo che si siamo prefissati riguarda l’arrivare a offrire dei servizi di sostegno, supporto, educativa domiciliare per le coppie con figli affetti da malattie genetiche rare in particolare nella fase perinatale. Attualmente non esiste nulla di tutto ciò, il focus è sul bambino e di solito riguarda esclusivamente il suo intervento riabilitativo. Invece sarebbe importante che l’ospedale e le istituzioni segnalassero ad associazioni come la nostra le famiglie che vivono questa situazione per indirizzare anche i genitori verso un aiuto psicologico che è fondamentale per affrontare questo cammino. Gli interventi sui genitori se arrivano arrivano tardi quando la famiglia ha già incamerato le conseguenze del trauma. Mettere in piedi un servizio di questo tipo richiede molti fondi ma noi ci crediamo e non perderemo di vista il traguardo».

Chi volesse contattare l’associazione può farlo tramite la mail [email protected] o al numero 338 13 37 797. Chi volesse contribuire alla ricerca può donare tramite bonifico bancario: Iban IT27 Z052 1620 4040 000000 13293 presso Credito Valtellinese.

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