Ganz: «Como, che promozione
Quasi quasi sembra la mia»

Intervista all’ex bomber azzurro dopo la serie B conquistata dagli azzurri

Quante similitudini tra la promozione in serie B del Como del 2015 e quella di quest’anno! Il cambio di allenatore, lo sprint che non ti aspetti, la sorpresa del campionato, un uomo su tutti (allora Ganz, oggi Gatto) a fare da condottiero con numeri speciali. Per tracciare questo parallelo, ma anche ricordare le differenze tra queste due esaltanti stagioni, abbiamo sentito proprio Simoneandrea Ganz, reduce da una stagione al Mantova e oggi in attesa di squadra. E si sa, basta parlargli del Como, e a Ganz jr. si allarga il cuore.

Hai seguito il campionato del Como?

Certo che sì. Sapete che sono un tifoso del Como, ho visto anche delle partite in tv. E poi ho conservato degli amici, come Gabrielloni, Toninelli, Gatto e altri, visto che un anno fa ero lì con loro.

Si può fare un paragone tra queste due promozioni?

Beh, certo per molti aspetti sono simili.

La similitudine più evidente?

Il cambio di allenatore, che se non ho capito male è maturato in condizioni simili. Colella, come Banchini, pativa il fatto di non essere più tanto gradito alla piazza. Non che siano situazioni che subiscano direttamente i tecnici, ma poi si crea un clima di negatività che alla lunga rischia di far perdere dei punti. Come allora, il cambio portò a un incremento delle prestazioni anche per ragioni psicologiche e ambientali.

Tre protagonisti, Colella, Sabatini e Banchini, li hai avuti...

Colella era un bravo tecnico, ma come dico, si era creata una situazione un po’ pesante. Sabatini fu bravo ad alleggerire tutto. Andammo a giocare i playoff senza paura, quasi incoscienti. Banchini è un allenatore che ha bisogno di tempo per oliare i suoi meccanismi. Quest’anno aveva cambiato modulo e aveva giocatori nuovi, ma ormai si sentivano i mugugni.

Che ti dicevano i tuoi ex compagni al telefono quando li sentivi durante questa stagione?

Che dopo l’attacco di Covid avevano infilato una serie di vittorie durante le quali si erano guardati in faccia e si erano resi conto che veramente avevano la possibilità di fare qualcosa più importante.

Sei contento, in particolare, per qualcuno?

Tutti i miei ex compagni, ma in particolare dico Gabrielloni, con cui ho passato un anno come compagno di camera. In teoria potevamo essere rivali per il posto, in realtà, con i problemi di Miracoli e Gatto, siamo diventati compagni. Non è facile farsi trovare sempre pronti, come ha fatto lui. Prima in D, poi in C, conquistando la chance in B. I due gol con l’Alessandria dicono che lui si merita tutto quanto ha ottenuto. E poi è un gran bravo ragazzo.

Il Gatto di quest’anno vale il Ganz di sei anni fa?

Ha fatto una grande cosa. Se pensiamo ai suoi problemi dell’anno prima, è stato grande a non mollare. Posso immaginare come si senta felice, mi basta ripensare a come mi sentivo io quell’anno.

Però tu hai fatto anche 16 gol in B, in una stagione chiusa all’ultimo posto.

Sì, ma vincere non ha prezzo. La B mi ha insegnato molto, mi ha permesso di andare a Verona e giocarmi il posto con gente come Pazzini e Zaccagni. La B è stata una soddisfazione personale, ma la C è stata una soddisfazione di squadra e quando vivi cose così, sono impareggiabili.

Tu hai vissuto diverse piazze di provincia. Come vedi Como in B?

Como è un posto particolare. Se le cose vanno male, si mugugna, ma questo è uguale dappertutto. La cosa che mi ha colpito è l’entusiasmo e l’aiuto dagli spalti che la tifoseria azzurra riesce a dare quando le cose vanno bene. Non è una cosa banale. Ricordo quando sbucai dal tunnel in partite come contro il Pavia o nei playoff e rimasi colpito da quanta gente c’era. Como ha davvero un cuore grande, una bella tifoseria. E in B, pur nella stagione negativa, ci rimase al fianco cantando alla fine delle partite. Perché in C parti con delle pretese, ma in B è più facile avere entusiasmo anche se le cose sono difficili. Cambia tutto.

Rimpianti tuoi?

Beh, per esempio mi sarebbe piaciuto giocarmi la B con la società attuale del Como, perché hanno tutto per salvarsi.

Come avete fatto ad andare in C con un centrocampo con Bessa, Barella e Basha?

Facile: due su tre arrivarono a gennaio. Troppi errori nel mercato estivo e poi recuperare è sempre difficile.

C’è un ricordo speciale della tua esperienza comasca?

Tutto è stato speciale, Como avrà sempre un posto nel mio cuore. Dovesse capitare, ci tornerei di corsa. Ma un ricordo speciale c’è: a Como-Spezia, in B, venni sostituito dopo aver segnato due gol. Ormai eravamo retrocessi, ma la gente si alzò in piedi per applaudirmi e la curva fece un coro “Simoneandrea... Simoneandrea...”. Non “Simone Ganz”, ma “Simoneandrea: per me fu un’incredibile testimonianza di affetto. Considerato che a Como, come in altre piazze, i cori per i giocatori sono sempre più rari.

Come giudichi la tua ultima stagione a Como?

Comunque buona. Otto gol con il campionato fermato in febbraio. C’era tempo per chiudere ancora in doppia cifra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA