Ludi: «È un Como da playoff?
Prima la salvezza, poi vedremo»

Il direttore generale commenta l’ottimo momento della squadra: «Ne riparliamo ad aprile»

«Il mio ruolo mi impone di parlare di più quando le cose vanno male...». Prova a svicolare cavandosela con una battuta, il dg del Como Charlie Ludi. Ma sa bene che oggi la richiesta di un’intervista non gliela toglie nessuno. Alla vigilia dell’ultima sosta prima della volata tutta d’un fiato che ci porterà a Capodanno, con la squadra uscita dalla crisi e ormai in decollo non si sa bene per dove (ma comunque in posti ipoteticamente bellissimi), è giusto che sia lui a fare il punto della situazione, a tirare le fila del discorso, a fare il bilancio. Perché, ok la visione di Suwarso, ok la (super)visione di Wise, ma chi vive la squadra giorno per giorno, chi l’ha costruita, chi ha tenuto il timone diritto nei giorni delle onde alte per le tre sconfitte consecutive, chi vede le partite dalla panchina accanto a Jack Gattuso, è lui, il dg, ancora molto giocatore nell’animo, e dunque abile a carpire certe sfumature.

Immaginiamo sia soddisfatto.

Certo, lo siamo tutti. Questo momento è un premio al nostro lavoro.

Sorpreso dai risultati della squadra?

Sarebbe curioso che io fossi sorpreso da questi risultati, vista l’attenzione con cui abbiamo costruito la squadra. Poi, potrei dire che sì, sono sorpreso positivamente dalla dedizione di tutti alla causa, dalla professionalità e dall’equilibrio del gruppo.

Il Como ha cominciato a fare punti a raffica.

Come dicevamo, la soddisfazione è veder premiato un lavoro fatto con attenzione, sempre credendoci. Questa è la gioia più grande.

Ok, però c’è entusiasmo. Lo sente?

A Como- Ascoli ho sentito una elettricità particolare, piacevole. Ma non posso dire che prima la tifoseria fosse “negativa”. Pandemia a parte, la curva ci ha sempre sostenuto dal primo all’ultimo minuto e, se ci sono stati dei fischi in passato, era normale, come per tutte le piazze se le cose non funzionano o non si vince.

Cosa ha trasformato le tre sconfitte consecutive in una serie positiva di sette giornate?

Potrei rispondere in tanti modi. Primo, nel calcio nulla succede per caso. Non è un caso se noi giochiamo bene ma poi perdiamo con l’Ascoli, o se soffriamo ma poi vinciamo a Terni. Questione di amalgama, di coesione, di conoscenza tra i vari profili.

Dopo tre sconfitte di fila poteva rompersi il giocattolo.

E invece il senso di responsabilità di chi lavora in campo per i nostri colori ha prevalso su tutto. Ognuno si è concentrato sul pezzettino che mancava cercando di andare a colmarlo, invece che scaricare colpe o nascondersi dietro alibi. Questo ha fatto la differenza. Se dopo tre sconfitte ognuno è convinto di essere dal parte della ragione e va avanti per la sua strada, si sfascia tutto. Invece ognuno si è messo in discussione. Una bella reazione.

La svolta?

Con il Benevento abbiamo posto fine all’emorragia di punti, ma è evidente che la svolta è stata a Brescia. Lì è successa una cosa speciale: una squadra che già era partita ambiziosa come indole, ha deciso di non fermarsi, di non avere paura dopo il 2-2 del Brescia, di rispondere. Ed è andata a prendersi la vittoria. E con che avversaria, poi.

Gattuso ripete sempre che l’obiettivo è la salvezza, ma che, come l’anno scorso, sarete eventualmente pronti a cambiare gli obiettivi in corsa. Quando verrà quel momento?

Qui dobbiamo essere chiari. Il nostro obiettivo è la salvezza. Se vinciamo, se siamo nella parte sinistra della classifica, vuol dire che stiamo perseguendo il nostro obiettivo e che stiamo lavorando bene. Per un eventuale cambio di obiettivo, possiamo darci un appuntamento verso la 25a giornata, due terzi di campionato. Se allora saremo in zona playoff, ragioneremo. Fino ad allora l’obiettivo è la salvezza. Punto.

Cosa farete al mercato di gennaio?

Noi ci prepariamo per avere alternative in ogni ruolo, casomai dovesse esserci un’esigenza. Dobbiamo farci trovare pronti. Dire oggi se ci servirà qualcosa è presto, dipende dal momento. Sappiamo che abbiamo le risorse per operare laddove ci fossero delle esigenze.

Gattuso sta facendo bene.

Non avevo dubbi. Una sua qualità, oltre a quelle note? Non è presuntuoso. Sa parlare ma anche ascoltare.

Lui si arrabbia se si parla di allenatore inesperto, ma anche di calcio semplice.

Ha ragione. Soprattutto per il calcio semplice, perché potrebbe dare l’idea di un lavoro fatto un po’ a caso, mentre lui studia 12 ore al giorno e dunque “semplice” non è il termine adatto. Io userei la parola “diretto”. Sappiamo far male sfruttando le caratteristiche dei nostri uomini giocando in verticale. Ma una squadra non può mai essere sempre uguale a sé stessa. La nostra crescita è anche quella che ci porta ad essere, via via, capaci di interpretare le fasi diverse delle partite. Con l’Alessandria, ad esempio, siamo stati bravi a gestire.

Sappiamo che lei non parla volentieri dei singoli, ma proviamo a fare due eccezioni: Cerri, leader indiscusso, e H’Maidat che avrebbe dovuto essere favorito dalla serie B.

Per H’Maidat dico che c’è spazio per tutti. Adesso servivano altre caratteristiche, ma al passare delle giornate e delle esigenze potremo ritrovarlo protagonista. Cerri? Eccezionale. Quando lo abbiamo preso, sapevamo del suo valore non solo di finalizzatore, ma anche di assist man. Basta andare a vedere i suoi numeri nelle altre squadre in cui ha giocato. Pacchetto completo.

Come giudica il campionato di B? L’equilibrio contribuisce all’entusiasmo che c’è attorno al Como.

Vi dico solo una cosa: in A e in C le partite tra le prime e le ultime spesso sono una formalità. Esagero? Una giornata di riposo sia per la grande, che vince con facilità, che per la piccola che pensa già all’impegno successivo. In B no: sono tutte partite incerte, dall’esito non scontato. Per questo è un campionato difficilissimo.

È rimasto colpito dalle parole di Suwarso, nella sua recente visita italiana?

No. Perché mi sono riconosciuto nel programma della società. E poi perché conosco bene la statura del personaggio. Un creativo, un creatore. Nel senso che non solo è abile a farsi venire le idee ma anche a realizzarle. È un vulcano di idee. E verrà spesso. Lui è un grande appassionato e solo la pandemia lo ha tenuto lontano così a lungo.

Wise come sta?

Bene. È appena stato in Indonesia, e ha seguito con entusiasmo gli ultimi risultati. Meglio quando vinciamo, anche perché la telefonata è breve: «Bravi tutti, godetevi un bel bicchiere di vino per festeggiare...» cose così; quando si perde, sono due ore di dialogo ad analizzare tutto... (ride, ndr).

Come mai va in panchina? Aveva detto che ci andava nel momento delicato per dare un segnale di compattezza, ma la squadra ha cominciato a vincere e lei continua ad andarci...

La risposta è la stessa: un segnale di unità, di coesione da parte della società. Il rapporto con Jack è così solido che la mia presenza non rischia di essere male interpretata. Poi in tribuna non trovavo mai un posto che mi soddisfacesse, non so mai dove mettermi... Sono stato calciatore, le dinamiche di campo mi piacciono, se serve spero di poter dare una parola utile di conforto, di incoraggiamento. Mi piace vedere la partita da lì.

L’idea della consumazione offerta al bar è stata un bel gol mediatico: avete fatto il giro d’Italia sui giornali.

Complimenti a chi ci ha lavorato, Veronica (Oldani, responsabile marketing, ndr) e Alessandro (Camagni, capo ufficio stampa, ndr). Ammetto che non pensavo potesse avere questo ritorno. Ma siamo contenti soprattutto perché Como ha risposto con entusiasmo.

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