Un anno senza Mino Favini
Il nuovo Como nella sua scia

E le scelte di Ludi e Centi in due ruoli chiave sono inequivocabilmente sulla scia di Mino Favini.

Un anno fa se ne andò Mino Favini il grande talent scout (di più: scienziato del settore giovanile) che cambiò la vita prima del Como e poi dell’Atalanta, creando qui e a Bergamo un metodo di scelta, formazione e lancio dei giovani. Favini, dopo aver prodotto tanto talenti in azzurro sino alla fine degli Anni Ottanta, aveva trasferito la sua scienza a Bergamo. Prima di tornare a Como, come consulente dell’ex presidente Porro, nel 2014. Una presenza più laterale ma che non aveva tolto nulla al suo carisma e al rispetto che gli tributava qualsiasi persona avesse a che fare con lui. Nonostante a Como abbia fatto grandissime cose, se non altro per la durata della sua attività è stato a Bergamo dove Favini ha avuto la consacrazione del suo “metodo”. L’Eco di Bergamo ha pubblicato un bellissimo suo ricordo, in cui ci sono anche un paio di aneddoti divertenti dei suoi tempi lariani. Quando, per esempio, all’inizio della sua attività in azzurro, e contemporaneamente faceva anche il panettieri, finì contro un palo a Fino Mornasco, vinto dal sonno per la doppia attività. Fu per quello che abbandono il forno. E poi quando gli venne raccomandato un ragazzo da un certo senatore ma lui lo scartò perché non idoneo.

Quello che preme ricordare, in queste righe, è che a Como Mino Favini non è morto. E non sono frasi fatte, non è retorica. L’altro giorno Michael Gandler, a chi gli chiedeva se l’Atalanta fosse un modello per il Como, ha risposto: «È il Como, grazie a Favini, che ha insegnato all’Atalanta!». E le scelte di Ludi e Centi in due ruoli chiave sono inequivocabilmente sulla scia di Mino Favini.n 

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