La prima omelia dopo il Concistoro: «Chiesa martire, non dividiamoci»

Roma La prima omelia: parole forti e qualche battuta. «Como non è l’ombelico del mondo. Attenti ai pessimisti»

Un elogio della diversità. Dell’ottimismo. Dell’universalità della Chiesa. Dell’impegno dei cristiani, anche nella vita civile. Un richiamo all’accoglienza, all’attenzione verso i più poveri, a un vivere sociale.

Parla a lungo a braccio, nella sua prima omelia da cardinale, Oscar Cantoni. Lo fa nella chiesa di San Giuseppe al Trionfale, in qualche modo una enclave comasca in terra romana, perché qui hanno casa i Guanelliani. Lo fa in una celebrazione lunghissima, tra canti, preghiere, ringraziamenti e applausi. Ben tre volte i fedeli interromperanno la messa per tributare al loro nuovo cardinale un sincero e caloroso applauso. La prima, alla fine dell’omelia. Un discorso appassionato, spesso improvvisato, in cui non sono mancate battute, ma anche accenti vibranti.

Il ringraziamento

«Grazie» è la prima parola dell’omelia, in una chiesa piena di pellegrini comaschi e valtellinesi. In prima fila decine di sindaci e amministratori. A concelebrare i vescovi Claudio Lurati, vicario apostolico di Alessandria d’Egitto, nato a Lipomo, Daniele Gianotti di Crema, Francesco Manetti di Senigallia, già vicario generale di Crema quando vescovo era Cantoni. «Grazie per la presenza, per la vostra affabilità e la vostra gioia. È un bellissimo momento di festa, di gioia ma anche di comunione profonda e sincera - ha detto il nuovo cardinale - Ci sentiamo vivi, desiderosi di accogliere i doni di dio ma anche di farli moltiplicare… e si moltiplicano se noi ci adoperiamo e ci impegniamo».

Nella presenza di così tanti fedeli dalla nostra diocesi, monsignor Cantoni vede anche una «testimonianza della vostra amicizia. Amici anche se abbiamo posizioni o tesi diverse, ma questo è fondamentale per un vivere sociale e per una responsabilità condivisa». Il cardinale torna con il pensiero al giorno prima: «Un’occasione solenne, un evento di intensa emozione, unico… almeno per me: io non vi avevo mai partecipato», dice strappando la risata dei fedeli.

«In San Pietro, abbiamo avuto modo di sperimentare, con un colpo d’occhio, la Chiesa universale. Como non è l’ombelico del mondo, ed è importante non dimenticarlo, altrimenti si ha sempre una luce parziale». L’immagine della basilica di San Pietro colma di persone provenienti da tutti i continenti, ha sottolineato Cantoni, «è uno spettacolo di unità: c’era tutto il mondo. E dobbiamo tenerla, questa unità. In un mondo sempre più frantumato e diviso. Andiamo avanti a divisioni senza badare alla bellezza e alla originalità di ciascuno». Quindi l’omelia si sposta sul sacrificio, sul cammino, sull’invito a non dimenticare «che noi tutti siamo il frutto maturo di quanti ci hanno preceduto». Compresi coloro che, per la fede, hanno perso la vita. Parla di «dono del martirio», monsignor Cantoni. Sottolineando come proprio il sacrificio estremo «ci ha permesso di essere riconosciuti come Chiesa martire, e sapete bene a chi alludo». Impossibile non pensare a don Roberto Malgesini. E sembra seguire le tracce del prete ucciso a San Rocco il cardinale, quando ricorda che «tanto più ti farai umile, tanto più troverai la grazia».

Il bene davanti a tutto

«Ripartiamo operando il bene – conclude – Ricordandoci che le persone che sono sempre pessimiste non possiedono lo Spirito Santo, bisogna fuggire da queste persone, perché dal nulla, dalle realtà negative nasce il niente. Molti si sono rallegrati per la mia nomina cardinalizia. Tanta gente contenta perché dice “anche noi di Como non siamo messi da parte, anche noi abbiamo da dare qualche cosa alla Chiesa”. Ora speriamo che il fervore non si spenga come un fuoco d’artificio. E chiediamo un supplemento di grazia per impegnarci anche nella realtà civile in cui i cristiani hanno molto da dire ma anche da fare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA