A Piombino infermiera killer
Un caso simile alla Caleffi

Avrebbe ucciso tredici pazienti con una modalità che ricorda la vicenda della comasca

Uccideva i pazienti con gli stessi strumenti con i quali avrebbe dovuto salvarli: flebo, iniezioni. E un farmaco che gli investigatori definiscono «fuori terapia». Nessuno, per un anno (dal 2014 al 2015) aveva intuito che cosa stava accadendo in quel reparto dell’ospedale di Piombino. La presunta killer è un’infermiera professionale: avrebbe colpito tredici volte, secondo i carabinieri dei Nas e la procura di Livorno che per mesi hanno condotto le indagini utilizzando videocamere per le intercettazioni ambientali e sequestrando materiale definito altamente compromettente durante alcune perquisizioni all’ospedale e nella casa dell’accusata. La donna è stata arrestata nella tarda serata di mercoledì: è accusata di omicidio aggravato plurimo e continuato.

Un caso assolutamente simile a quello della comasca Sonia Caleffi, condannata nel 2007 a 20 anni di carcere - sentenza poi confermata in Appello - per cinque omicidi accertati all’ospedale Manzoni di Lecco, e altri due tentati omicidi. I casi sospetti si sono verificati negli anni 90, oltre che a Lecco all’ospedale Sant’Anna e al Valduce: si era arrivati a ipotizzare che le sue vittime fossero almeno una qundicina, anche se sono solo cinque i casi accertati. Era stata la stessa Caleffi a confessare come uccideva i pazienti: sceglieva dei malati gravi, ma non terminali, iniettava loro aria nelle vene, fino a farli morire per embolia.

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