Abbonamento bus fotocopiato
Il giudice cancella la condanna

Accolto il ricorso contro la sentenza a carico di una passeggera - Atti rimandati in appello. Il legale: lei era altrove quando è stata data la multa

Como

La corte di Cassazione cancella la condanna a una donna comasca, a cui i giudici di primo e secondo grado avevano inflitto una pena per truffa aggravata perché sorpresa a viaggiare su un bus con un abbonamento annuale fotocopiato. Ma il problema è che, da un lato, lei dice che neppure era sul bus, il giorno della multa. E, dall’altro, il suo legale - l’avvocato Aldo Turconi - sottolinea come, in ogni caso, il danno sia talmente esiguo da escludere (come prevede la legge) la sua punibilità.

Protagonista è un a comasca, ventenne all’epoca dei fatti quando - secondo l’accusa - nell’estate del 2012 sarebbe salita a bordo di un bus di Asf con un abbonamento fotocopiato. Il controllore che scoprì l’inganno si limitò a ritirare la tessera di viaggio senza però procedere a identificare formalmente la giovane. Salvo, quattro anni più tardi, riconoscerla nel corso del processo in Tribunale a Como.

Lei, però, ha sempre contestato questa circostanza. Ma il suo alibi, ovvero la dichiarazione del datore di lavoro che sosteneva che il giorno e l’ora in cui avrebbe dovuto trovarsi sul bus con un abbonamento fotocopiato in realtà era regolarmente a lavorare, è stato giudicato «tardivo» dai giudici di primo e secondo grado e, per questo, mai preso in considerazione. Anche perché - sempre a detta dei magistrati - la prova sarebbe stata «non assolutamente indispensabile».

Fatto ovviamente contestato dall’avvocato: se la giovane era al lavoro, allora non era certo lei a bordo del bus con l’abbonamento fotocopiato.

Ma il legale è andato oltre e ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che, qualora i giudici non dovessero ritenere pacifico il fatto che la giovane fosse altrove nel momento del reato contestato, in ogni caso condannare una donna per truffa aggravata a fronte di un danno di “soli” 220 euro a una società con bilanci milionari andrebbe contro alla norma che prevede la non punibilità per i fatti di particolare tenuità.

La Cassazione non ha ancora motivato l’annullamento della condanna, ma di certo ha trovato nella sentenza qualcosa che non andava. E, quindi, ha rimandato gli atti a Milano. Chissà se basteranno 10 anni per sapere se un abbonamento fotocopiato fosse davvero un tentativo di truffa.

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