Abusi su minorenne disabile psichica
Dieci anni di carcere a soccorritore 118

Condanna a sei anni anche per un amico che ha partecipato agli incontri sessuali - I fatti avvenuti in una casa vacanza nel Comasco. La difesa ha chiesto l’assoluzione: innocenti

Sul telefonino aveva salvato il numero di lei con il nome di battesimo e, accanto, l’aggettivo “inutile”. Eppure per almeno un anno ha organizzato con quella ragazza “inutile” incontri sessuali, ai quali ha invitato a partecipare anche un paio di amici (uno dei quali minorenni). E questo nonostante la giovane, all’epoca sedicenne, abbia un ritardo psichico tale da essere stata giudicata invalidità al 70%. Il Tribunale di Como, al termine di una lunghissima camera di consiglio, ha inflitto una condanna pesantissima a un volontario del 118 e a un suo amico: 10 anni per il primo (come da richiesta del pubblico ministero, Massimo Astori), sei per il secondo.

Rischiano di finire in carcere e di restarci a lungo (se la sentenza emessa dal Tribunale di Como dovesse essere confermata nei prossimi gradi di giudizio) Andrea C., 36 anni di Desio, soccorritore sulle ambulanze, e Alberto M., 28 anni di Monza.

Un processo difficile, a tratti sconvolgente, quello andato in scena nell’aula del palazzo di giustizia. Un processo nel quale da un lato l’avvocato difensore dei due imputati, Renata D’Amico del foro di Monza, ha con forza e grande tenacia protestato l’innocenza sostenendo che i due non avrebbero avuto alcuna possibilità di rendersi conto della disabilità psichica della ragazza, mentre il pubblico ministero ha schierato consulenti ed esperti per sottolineare che, al contrario, era chiaro per chiunque di trovarsi di fronte a una ragazza con problemi sia di ritardo cognitivo che di tipo psicologico (senza contare la differenza di età, minorenne lei, trentenne all’epoca dei fatti lui, tra i due).

L’intera vicenda inizia quasi per caso. La ragazza un giorno sta male e i genitori chiamano il 118. Tra i soccorritori giunti con l’ambulanza anche Andrea C. La ragazza - che secondo gli esperti della Procura tende a legarsi a figure di riferimento - sostiene di aver avuto un’infatuazione per l’uomo. Lo cerca sui social e si mette in contatto con lui. I due si vedono un paio di volte, ma lui - secondo la ricostruzione fatta dalla Procura - sarebbe rimasto deluso perché la giovane, dal canto suo, è totalmente inesperta.

Le cose cambiano quando lui la invita nella sua casa di vacanza, nel Comasco. Qui la giovane si ritrova ad avere dei rapporti sessuali non solo con l’uomo che l’aveva soccorsa, e di lei era rimasta affascinata, ma anche con un amico, Alberto appunto. La giovane si ritrova a dover condividere il letto con entrambi: «Se non vuoi - avrebbero detto i due - puoi anche andartene e prendere il bus per andare a casa». Peccato che la giovane, a causa del ritardo cognitivo, non fosse in grado di spostarsi autonomamente, non avesse punti di riferimento e che la sola idea - ha sottolineato il pm - la terrorizzasse.

La storia è emersa quando, stanco delle insistenze della giovane, il volontario dell’ambulanza l’avrebbe minacciata di inviare ai genitori il video girato durate i rapporti sessuali (video finito agli atti del processo) e lei, sconvolta, si è sfogata con una delle sue psicologhe (una ventina gli esperti che hanno avuto in cura la ragazza) raccontandole le “fotografie” impresse nella sua memoria degli atti sessuali.

I giudici, alla fine di un processo combattuto, non hanno avuto dubbi: colpevoli. Dieci anni il primo, sei il secondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA