Aiuti ai profughi che ci ripensano
Da inizio anno 42 rimpatri volontari

L’Ue fornisce una somma di 3mila euro, quanto basta per il biglietto aereo e per avviare piccole attività imprenditoriali. In crescita anche gli accompagnamenti forzati

Como

Mica vero che se ne stiano tutti qui con le mani in mano ad aspettare che la divina provvidenza.

Secondo i dati diffusi ieri dal questore Giuseppe De Angelis, 42 cittadini stranieri - “migranti” in attesa di ottenere asilo politico o anche soltanto di trovarsi un posto di lavoro - hanno chiesto e ottenuto quest’anno (da gennaio) di potersene tornare a casa tramite il cosiddetto “rimpatrio volontario assistito”.

La formula sfrutta una direttiva comunitaria del 2013: con un passaporto provvisorio fornito dalle autorità e con una somma di 3mila euro erogata dall’Unione europea, è possibile essere rimpatriati con un gruzzolo che comprende sì le spese di viaggio ma anche una somma da investire in una piccola attività imprenditoriale.

Insomma, a casa a nostre spese si direbbe, con buona soddisfazione di chi crede fermamente in una formula che nel 2017 ha consentito alla Germania, per esempio, di aiutare 39mila profughi, e con il malcelato fastidio dei tanti detrattori (lo scorso mese di giugno il consigliere regionale leghista Fabrizio Turba non aveva mancato di far rilevare quello che a suo modo di vedere era ed è un paradosso: «Dobbiamo pure pagargli il biglietto per tornare a casa? E allora siamo il Paese dei balocchi»). Il questore, in ogni caso ci crede: già la scorsa primavere aveva prospettato l’eventualità di integrare la somma a disposizione di chi vuole andarsene, chiarendo che l’obiettivo sarebbe stato quello di incrementare i rientri volontari fino alla quota di 200 (l’anno scorso i rimpatri assistiti furono zero).

In crescita anche gli “accompagnamenti” che quest’anno sono già stati 32, contro gli 11 del 2017. Significa che 32 stranieri irregolari sono stati non solo espulsi ma anche accompagnati e scortati, in aereo, fino a casa loro, mentre altri 42 (furono soltanto quattro lo scorso anno) sono stati trasferiti dalla questura ai Cpr, in attesa di essere rimpatriati successivamente (i motivi sono spesso banali: a volte si tratta semplicemente di aspettare qualche giorno prima di poter trovare posto sul primo volo disponibile).

L’approfondimento su La Provincia in edicola mercoledì 15 agosto

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