Centro minori, Comune condannato
Deve 150mila euro alla coop “licenziata”

Nel 2015 la precedente amministrazione chiuse la convenzione per irregolarità - Ora il tribunale dà ragione alla cooperativa Biancospino. Da allora la struttura non riaprì più

Como

Ricordate la vicenda del centro di accoglienza per minori stranieri non accompagnati gestito dalla coop Biancospino in uno stabile di via Vertua, a Tavernola? Fu chiuso nel mese di ottobre del 2015 per una serie di presunte lacune e inadempienze rilevate dall’Asl - in particolare, si disse al tempo, in materia di manutenzione ordinaria - che indussero il Comune a rescindere anche la convenzione che legava l’amministrazione alla cooperativa presieduta da Michele Borzatta.

Cinque anni più tardi una sentenza del tribunale civile modifica punti di vista e rivendicazioni, accordando alla coop un risarcimento di 150mila euro.

Il pronunciamento è l’approdo di una causa intentata dalla medesima cooperativa, che all’epoca in cui fu messa alla porta vantava un credito di 400mila euro circa, a titolo di compensi dovuti per la gestione delle presenze, quelle ordinarie e quelle straordinarie.

Il distinguo è legato al fatto che i 16 ospiti previsti nel contratto non furono quasi mai 16, e anzi furono quasi sempre non meno di una trentina, in una struttura non particolarmente ampia e con conseguenze inevitabili: lamentò all’epoca lo stesso Borzatta che i danneggiamenti e quindi le carenze di manutenzione rilevate dall’Asl - vere o presunte che fossero - sarebbero state in realtà conseguenza delle difficoltà incontrate nella gestione degli ospiti, spesso parecchio aggressivi.

Dopo la rescissione del contratto, la cooperativa chiese e ottenne un decreto ingiuntivo per 400mila euro, al quale il Comune si oppose.

Non gli andò molto bene: una prima tranche dei 150mila euro dovuti in base alla sentenza era stata già versata in corso di causa - sulla base di un provvedimento interinale del giudice -, ora all’appello mancano gli altri che, nonostante i ripetuti solleciti, Palazzo Cernezzi non sembra intenzionato a liquidare, e questo benché il pronunciamento del tribunale risalga a qualche settimana fa. Peraltro più passa li tempo e più cresce l’interesse del debito. In altre parole rinviare non fa che prefigurare anche il rischio di un danno erariale.

Così Borzatta, che fin dal 2010 gestiva il centro “Puzzle” di Tavernola: «La sentenza dimostra la bontà delle ragioni che a suo tempo ci spinsero a intentare il procedimento. Avevamo e abbiamo le nostre buone ragioni. Rimane il rammarico di non avere più lavorato con il Comune».

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