Como: a scuola in sicurezza
Niente paura per uno starnuto
E consultarsi con il medico

Domande e risposte. La pediatra Roberta Marzorati: «Sintomi respiratori comuni nei bimbi.Sì al vaccino contro l’influenza»

1. La scuola riapre con poche certezze e tante ansie. Cosa dire ai genitori?

Come è stato ripetuto più volte - risponde la pediatra comasca Roberta Marzorati - è raro che un bambino si infetti con il Covid. Fra le ipotesi, c’è quella che le cellule respiratorie abbiano meno recettori ai quali il virus si può attaccare. Inoltre i bambini spesso sono asintomatici, e se hanno sintomi sono in forma talmente lieve che possono essere confusi con altre forme respiratorie poco aggressive.

2. Cosa deve fare un genitore di fronte ai primi sintomi respiratori nel bambino?

Il raffreddore nel bambino è un sintomo molto comune. Ogni anno c’è una forma virale che può dare questo genere di sintomi, con o senza febbre. Tuttavia, se sappiamo che almeno uno dei genitori è risultato positivo al tampone, i conviventi possono essere sospettati di essere entrati in contatto con il Covid.

3. Meglio tenere il bambino a casa da scuola?

In generale l’indicazione è di sentire il pediatra, che conosce il piccolo paziente e la sua storia, se si sa che il bambini è suscettibile a forme virali respiratorie, se si ammala spesso quando entra in contatto con altri bambini, allora si tenderà già a propendere per una forma banale.

4. E se c’è febbre?

Con la febbre l’indicazione anche prima era di non mandare il bambino a scuola. Al di là delle linee guida, che impongono di restare a casa se si ha più di 37,5 di febbre, a maggior ragione bisogna fare una telefonata al pediatra. È importante conoscere anche la situazione della classe, se si sa che ci sono diversi bambini con forme virali respiratorie questo mette il pediatra nella prospettiva di trovarsi di fronte a una forma banale.

5. La medicina di base pediatrica non rischia di andare in tilt?

Ci sarà certo una maggiore apprensione da parte dei genitori, non di tutti, nei confronti dei sintomi respiratori. Però è anche vero che adesso le famiglie sono più informate, più preparate, più consapevoli, sanno che difficilmente i bambini si ammalano seriamente, e questo dovrebbe in parte allentare la pressione sui medici. Nel periodo del lockdown c’era molta preoccupazione, è vero che i bambini non si ammalavano ma eravamo tutti in attesa di capire meglio a cosa eravamo di fronte. Ora la gente è più orientata, sono gli stessi genitori a farci presenti le premesse di cui parlavamo, la predisposizione del bambino a certe malattie piuttosto che la presenza di postivi in casa... Certo qualche telefonata in più c’è, ma sono in genere chiamate di buon senso, mirate.

6. La scuola sta adottando moltissime misure, qual è secondo lei quella davvero imprescindibile?

Vigilare sul rapporto ravvicinato, perché sappiamo che il virus si trasmette con le goccioline degli starnuti, della tosse, anche parlando. È importante stare almeno a un metro di distanza, anche se con i bambini non è certo facile, anche perché andando verso la stagione fredda le goccioline non evaporano più e restano nell’aria.

7. La mascherina andrebbe portata anche in classe?

Conviene partire così e poi vediamo cosa succede. La verità è che non sappiamo a cosa stiamo andando incontro. Per esempio ora pare che in Gran Bretagna abbiano trovato un virus mutato, meno aggressivo, se questa nuova forma dovesse soppiantare quella dell’inverno scorso ci troveremmo a dover affrontare una malattia molto meno aggressiva di quella che abbiamo conosciuto.

8. È utile vaccinare i bambini contro l’influenza?

Sì, non perché protegga dal Covid, ma per due benefici indiretti: aiuta nella diagnosi differenziale, cioè a capire se siamo di fronte a una forma influenzale o a un sospetto Covid, e evita l’infiammazione delle vie respiratorie, che rappresentano un fattore di predisposizione all’attecchimento di altri agenti patogeni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA