Como: «Due anni di lavoro per lui
Vi racconto Marchionne»

Il comasco Trabella progettò il parco della villa del manager. «Amava le piante e la cucina. Diceva: lei ha un bel lavoro, io metto pistoni»

Per avere un giardino capace di accoglierlo e ispirarlo nella sua dimora svizzera, Sergio Marchionne aveva scelto dei comaschi. Quanti viaggi verso il lago di Ginevra (oltre che a Torino) ha compiuto Emilio Trabella con la Rattiflora.

Il paesaggista ha a cuore la riservatezza. Proprio come l’amministratore delegato della Fiat. Ma accetta di raccontare alcuni tratti del manager scomparso, anche per rendergli omaggio. Come la semplicità, la voglia di imparare sempre, l’amore per la natura.

Emilio Trabella si è occupato dei giardini di molti personaggi importanti e – spiega – gli è accaduto spesso di vederli nel loro essere, non nell’apparire. Ma quegli oltre due anni di studio e realizzazione per Marchionne sono stati speciali. Era il 2006, la Rattiflora fu segnalata dalla Fiat al suo manager. I primi incontri, a Torino.

La prima giornata rimase impressa in Trabella: «È stata interessantissima, a discutere di piante, colori, forme… Una delle grandi richieste sue, l’orto con le aromatiche. Gli piaceva cucinare ed era specializzato nei sughi».

Che poi serviva ai creatori del suo parco, quando giungevano a Blonay: «Mi diceva, ora le faccio provare le sue aromatiche. Come trova il suo basilico sui pomodori?». E ripeteva: «Lei fa il più bel mestiere del mondo, lavora con le piante, le vede crescere, fiorire. Io sono un metalmeccanico, metto pistoni… ».

Al manager piacevano gli alberi con una stagionalità marcata: «Che ingialliscono, si spogliano, mostrano le gemme… Le vedo vivere così, diceva. Sì, vedeva la vita con una profondità. E che memoria incredibile». Gli presentò anche la madre, abruzzese, che si entusiasmò apprendendo che Trabella aveva lavorato alle Terme di Caramanico. Quando c’era da progettare e creare il giardino, raramente Marchionne si lasciava disturbare.

Una volta accadde che fu interrotto e disse: «Nelle nostre riunioni di lavoro un argomento si considera una volta, due, la terza basta. Avanti, ora parliamo di piante».

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