Como non è per giovani: fuga all’estero

Il capoluogo lariano è nono nella classifica delle città italiane con il maggiore numero di espatriati - Circa un terzo di chi se ne va dispone di una laurea

La città che attira il mondo, con il suo lago, la sua creatività, la sua bellezza. Ma che mette in fuga i giovani.

Un’amara realtà, fotografata dall’Istat: Como nella classifica delle province con maggiori espatriati è nona. Quasi 3 abitanti su mille (2,8 per la precisione) decidono di cercare una vita migliore oltre confine.

Incide la Svizzera, in questa classifica? Certo, ma molti mantengono la residenza qui, sono i 25mila frontalieri. Chi sono allora questi nuovi emigrati? Circa un terzo ha la laurea: il 30%. I giornali nazionali nel commentare la notizia hanno citato proprio una brillante comasca: Arianna Minoretti, ingegnere che realizza un avveniristico ponte in Norvegia.

Si va all’estero per strappare più opportunità lavorative, venire valorizzati in luoghi dove le difficoltà non mancano ma il merito è riconosciuto. Dove è più facile aprire un’azienda, senza l’ostile burocrazia. Ma si tratta anche di qualità della vita. E di qualcosa di più sottile e profondo ancora.

Lo racconta Mario Gastaldi, che è andato a vivere a Panama e non proprio – precisa – da ragazzino. Anzi, a 46 anni, dopo aver viaggiato moltissimo, si è trasferito. Oggi è managing director di Expatr.io e ha aiutato centinaia di clienti multinazionali e startup in 77 paesi.

«Colpisce prima di tutto - spiega Gastaldi – che in queste province con maggiore tasso di espatriati non ci siano i principali capoluoghi di regione e che il fenomeno tocchi ugualmente Nord e Sud. Vediamo Como, Mantova… Milano no chiaramente, è l’unica città che attira i ragazzi italiani e ha una multietnicità anche culturale».

Anche l’incidenza della laurea impressiona: «Il punto è che parliamo di un sistema Paese che non offre futuro ai giovani e non è attraente. Altrove se vuoi fondare un’impresa, lo fai sereno e leggero. In Italia si vive incavolati, frustrati». Secondo Galbiati, questi giovani si sentono traditi da una terra che non permette loro di esprimersi:«E li capisco. Non è semplice, andare all’estero, ma con gli strumenti intellettuali e la sicurezza di sé che offre anche una laurea, si vede come sia più facile. Si pagano tasse basse, ci sono addirittura progetti per attirare i giovani stranieri». Como però è il luogo dove tutti vogliono essere, dove trascorrere ore indimenticabili. Così ci ricordano gli slogan turistici. Viverci è diverso. «Per quanto abbia una posizione felice, economica e sociale – continua –le condizioni sono quelle del sistema Paese. Dall’Agenzia delle Entrate alla previdenza, il quadro è quello, da Como ad Agrigento». Con una considerazione finale: «I governi centrali ma anche quelli locali non sono gestiti con priorità di lungo termine, si basano sulla propria necessità di sopravvivere… I giovani lo toccano con mano. Percepiscono la negatività».

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