Como: non può
più essere come prima
Serve (subito) un piano

Il virus impone di ripensare la città, per vivere i prossimi mesi in sicurezza Evitare l’affollamento, salvare bar e negozi: tutto tace, accendiamo noi il dibattito

C’è un problema? Cerchiamo una soluzione.

L’epidemia ha spazzato via una serie di certezze consolidate e ora impone, come tutte le crisi, un cambiamento. Più grande è la crisi, più grande è il cambiamento. A Como, tuttavia, non sembra si stia facendo molto per prepararsi alla “nuova normalità”.

In vista della riapertura di negozi, bar e ristoranti (oggi la Regione farà chiarezza sulle date), e più in generale di una ripresa della vita “normale”, bisognerebbe attrezzarsi per trovare un equilibrio tra due esigenze fondamentali: sicurezza/salute (il che significa mantenere le distanze di sicurezza) e salvaguardia delle attività economiche (commercio, ristorazione, cultura e turismo). Servirebbe un piano, insomma. E non tra qualche mese, ma in temi rapidi, visto che un via libera almeno parziale è atteso a brevissimo. Ma di questo piano, per il momento, non c’è traccia.

Le immagini di archivio che pubblichiamo qui sopra parlano chiaro: la folla nelle strette strade del centro storico, così come all’interno di un piccolo bar o nelle aree verdi e sul lungolago, non potranno più esserci, almeno per un po’, viste le regole per il contenimento del virus. E allora come organizzarsi per provare a garantire comunque il diritto a una passeggiata in centro senza rischi per la salute, la possibilità di rilassarsi al parco, ed evitare la morte di quegli esercizi pubblici che hanno spazi angusti magari senza tavolini all’esterno? Sono problemi concreti e necessitano di soluzioni altrettanto concrete.

La Provincia ha deciso di stimolare il dibattito per provare a individuare alcune risposte. Un confronto che coinvolgerà non solo gli addetti ai lavori, ma tutti i “portatori di interesse”, a partire dalle associazioni di categoria. Non un dibattito sui massimi sistemi, fatto di belle parole e dotte disquisizioni, ma - perdonerete l’insistenza - basato su proposte operative e realizzabili.

Proprio per questo, con l’aiuto di un esperto - persona molto qualificata e assolutamente lontana dalla politica, che per il momento preferisce restare anonima - iniziamo a mettere sul tavolo tre idee. Le potete leggere nella pagina a fianco. Giuste? Sbagliate? Migliorabili? Rappresentano un punto di partenza, un sasso nello stagno. Sensi unici pedonali nelle zone più “trafficate” della città murata, una regolamentazione per l’accesso ai parchi più gettonati, e infine la suggestiva ipotesi di dirottare all’interno di casette provvisorie le attività che non hanno spazi sufficienti né una porzione di suolo pubblico da sfruttare.

Senza un piano, si rischiano nelle prossime settimane il caos (magari con annessi rischi per la salute) e conseguenze ancora più pesanti sul piano economico. Bisogna invece organizzare una città “a misura di Covid”, evitare che tutto resti fermo. I turisti ora non possono arrivare e anche più avanti saranno molti meno, è certo, ma esiste anche un turismo interno, esistono - e da queste parti lo sappiamo bene, per fortuna - i gitanti della domenica. Vogliamo rinunciare? Ci arrendiamo in partenza? Forse vale la pena di unire le energie per immaginare qualcosa di sostenibile da attuare in quest’ultimo scorcio di primavera e in estate.

Qualcuno si starà chiedendo perché non parliamo di biciclette, di mezzi pubblici, e altri temi ancora. Lo faremo. Il dibattito deve ancora cominciare.

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