Como, scuole e contributi
Ora papà non paga più

Calano drasticamente (con punte dell’80%) le somme che le famiglie versano “volontariamente”. Dalle scuole medie alle superiori, presidi costretti a ricorrere a fondi Ue, un tempo riservati al solo meridione

Senza i generosi finanziamenti statali e senza i contributi delle famiglie, ormai ridotti all’osso, per le scuole l’unico modo per rimanere competitive è partecipare ai bandi, quasi sempre europei.

Gli istituti di Como, tolti gli stipendi dei docenti pagati dallo Stato e le gite scolastiche pagate dai genitori, sono sempre più propensi a partecipare a questo genere di concorso, nel tentativo di aggiudicarsi risorse che altrimenti non potrebbero mai mettere a bilancio.

Del resto le famiglie, che in larga parte avevano sostenuto con forza negli anni della crisi le attività extrascolastiche e i progetti didattici, oggi, quasi ovunque, fanno mancare il loro aiuto.

Per farsene un’idea, basta spulciare i bilanci consuntivi delle scuole. Si scopre per esempio che tra il 2016 e il 2017 all’istituto Pessina il contributo volontario è passato da circa 100mila a 70mila euro, e poi ancora a 50mila, calando quindi del 50% in tre anni. Alla DaVinci-Ripamonti il calo è ancora più drastico, -80% da un tesoretto di 150mila euro, mentre al Caio Plinio il saldo è in negativo del 70%. L’eccezione è il liceo scientifico Giovio, nel quale i contributi volontari fruttano 200mila euro all’anno. Anche le scuole dell’obbligo non riescono più a battere cassa. Per dire: nell’istituto comprensivo “Como centro città” il calo è circa del 25%. In alcuni quartieri benestanti le famiglie versano più volentieri l’obolo, ma non è detto: nel 2015, per esempio, all’istituto Borgo Vico i contributi scesero del 60%.

Vincoli e rendicontazioni.

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