Coronavirus in Ticino
«Riapertura totale,
dateci altri sette giorni»

Il governo cantonale ha chiesto di prorogare le attuali restrizioni sino al 4 maggio

Con una lettera urgente inviata a Berna e con li sostegno dell’Associazione Industrie Ticinesi, il governo di Bellinzona ha ufficialmente chiesto di prorogare di una settimana le restrizioni in essere nel cantone, fermo restando che un buon numero di attività ha già ripreso lunedì scorso. La richiesta ticinese sarà vagliata dal governo di Berna che intende dare inizio alla fase due da lunedì prossimo.

I contagi sono in calo sia in Ticino (3065 con 291 decessi e 639 pazienti dimessi) che a livello federale (27805 con 1461 decessi), ma certo non mancano i dubbi legati alla riapertura a scaglioni delle attività. Anche la Svizzera dall’11 maggio avrà la sua app finalizzata a ricostruire le catene di contagi di coronavirus: servirà per allertare i cittadini e non per accedere a dati della «sfera privata». «Ancora vi sono questioni essere circa l’utilizzo della app», ha aggiunto Berna e «ogni costrizione giuridica o sociale dovrà essere evitata».

Il dibattito dunque è più che mai aperto anche nella vicina Svizzera. La giornata di ieri ha fatto registrate una lunga e articolata presa di posizione del sindacato ticinese Ocst, che inevitabilmente va ad interessare anche i frontalieri, in particolare quelli legati al settore sanitario, ma come in queste settimane tenuto in altissima considerazione dalla politica cantonale e federale (4200 i frontalieri impiegati nella sanità ticinese, elogiati anche dal ministro Ignazio Cassis). «Secondo un rapporto della Confederazione svizzera dei direttori cantonali della Sanità, da qui al 2030 saranno necessari circa 65 mila nuovi infermieri. E il fabbisogno dell’intero settore supera i 100 mila posti di lavoro - si legge nella nota -. In sintesi, la sanità è destinata a rappresentare un settore in forte espansione e che creerà nuova occupazione, a fronte di una cronica difficoltà nel reperire e formare per soddisfare il fabbisogno e quindi l’esigenza di ricorrere al reclutamento internazionale di personale». Come a dire: anche in futuro, salvo percorsi di formazione interni ben dettagli, la sanità ticinese e svizzera non potrà fare a meno di medici e infermieri (ma non solo) frontalieri. E di questo ne è consapevole l’Ocst che pure pone l’accento sulla necessità di “promuovere una formazione mirata in Ticino, anche per non dipendere troppo dalla vicina Penisola”. «La sfida - si legge ancora nella nota firmata Ocst - sarà quella di rendere nuovamente attrattive le professioni in ambito sanitario, in primis quella di infermiere. Il primo banco di prova sarà costituito dal rinnovo del contratto collettivo di lavoro dell’Ente ospedaliero cantonale, che sarà discusso il prossimo anno. Lì la politica cantonale dovrà mostrare un sostegno almeno pari a quello fatto pervenire in queste settimane di emergenza sanitaria».

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