Coronavirus, la denuncia
«Mio padre è morto
Ricoverato grazie al giudice»

Vittima l’ex usciere delle Poste di Como. «Si trovava in Rsa a Casasco e stava male da otto giorni. Ma nessuno lo ha portato in ospedale. Ora l’ho perso»

Amava giocare a carte e cantare “Rose rosse per te”, il signor Stefano. «È morto solo, senza che le sue figlie potessero sentirlo un’ultima volta, perché quelli della casa di riposo non hanno voluto ricoverarlo in ospedale prima».

La voce rotta da rabbia e commozione, Mary Capodivento non ci sta: «Voglio la verità. Voglio sapere perché siamo stati costretti a far intervenire un giudice per far ricoverare nostro padre, quando era chiaro che era stato contagiato ed era chiaro che fosse in gravi condizioni».

Il Covid miete un’altra vittima. E lo fa nella Rsa Il Ronco Korian di Casasco Intelvi. O meglio, Stefano Capodivento, 78 anni il prossimo mese di ottobre, è morto sabato sera all’ospedale Valduce dov’è giunto, ormai in condizioni critiche, dopo che la struttura dov’era da anni - sollecitata da un provvedimento del giudice tutelare - ha deciso venerdì alle 13 di allertare il 112.

Il contagio

«La casa di cura - ricostruisce la figlia Marianna - era già chiusa a tutti i parenti da gennaio, dopo le notizie sui contagi da coronavirus in Cina. Nonostante questo mio papà, come molti altri ospiti là dentro, si è ammalato». La notizia che qualcosa non andava è arrivata poco prima di Pasqua: «Il giovedì santo mi chiamano e mi dicono che papà ha la febbre, ma la dottoressa mi tranquillizza dicendo di aver attivato il protocollo per il Covid. Io ho chiesto: e il tampone? Mi ha risposto: “no, non ha le sintomatologie, ha solo febbre”. Poi scopro che quella dottoressa lavora anche in pronto soccorso a Milano e mi domando: che senso ha avuto chiudere la struttura ai parenti se poi il virus lo potevano portare dentro i sanitari?».

La figlia del pensionato, che soffriva di diabete e da qualche anno era sulla sedia a rotelle, inizia a inviare mail anche attraverso l’avvocato Giovanna Marro, tutore legale del papà (sottoposto ad amministrazione di sostegno): «Abbiamo più volte sollecitato di farci sapere, ma nei giorni successivi si sono negati al telefono e non mi permettevano di contattare in videochiamata mio papà. Fino a martedì pomeriggio, quando una dottoressa mi chiama e mi dice: “Suo papà si è aggravato, abbiamo fatto il tampone. La saturazione con ossigeno è a 93”. Non buona, quindi. Chiamo un ex primario di pneumologia del Sant’Anna, mio amico, e mi dice: “Fallo portare subito in ospedale”. Ma non c’è verso».

Giovedì il tutore presenta un’istanza urgente al giudice tutelare che, venerdì mattina, notifica alla Rsa di aver autorizzato l’avvocato Marro ad attivarsi affinché Stefano Capodivento venisse ricoverato «in una struttura idonea ad accogliere pazienti affetti da Covid». Il pensionato arriva al Valduce nel primo pomeriggio di venerdì 17. Alle 21 del giorno dopo i sanitari dell’ospedale sono costretti ad allertare la figlia: è morto.

«L’hanno tenuto giorni senza comunicare niente. E quando finalmente abbiamo saputo che le condizioni erano gravi siamo stati costretti a muovere avvocati e giudice perché fosse ricoverato, ma era troppo tardi. Ora voglio sapere perché. Voglio la verità. Perdere così il proprio padre fa male».

Il ricordo

Il signor Stefano e il suo sorriso, a Como, lo conoscevano in tanti. Per anni è stato l’usciere alle Poste di via Gallio. Padre di tre figlie (Marianna, Florinda e Rosaria) prima di entrare nella Rsa di Casasco ha sempre vissuto in via Milano bassa con la moglie, Enza.

«Mia mamma - ricorda ancora la figlia Mary - si è malata di alzheimer all’età di 54 anni. Quando è peggiorata, a malincuore, abbiamo deciso di ricoverarla. Dopo qualche tempo mio papà, che non sopportava di non poter stare con la mamma, quattro anni fa ha deciso di vendere la casa e trasferirsi anche lui nella Rsa di Casasco per stare con la mamma, darle il bacio del buongiorno, fare la colazione con lei». Quando, il 25 marzo dello scorso anno, al signora Enza è morta «lui è rimasto in struttura, perché ha iniziato ad avere il diabete ed era sulla sedia a rotelle. Ma era sempre allegro, amava cantare. Aveva anche trovato una fidanzata alla casa di riposo... di 90 anni» e mentre lo dice Mary prova a sorridere.

«Perderlo così fa male... l’hanno tenuto fino al 17, da prima di Pasqua, senza portarlo in ospedale. Questo non posso accettarlo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA