«Covid e povertà,
il peggio deve arrivare»

Almeno seicento famiglie costrette a farsi aiutare: «Temiamo però che in autunno aumenteranno»

«Fino a giugno distribuivamo il pacco alimentare una volta al mese. Ora dobbiamo farlo una volta ogni tre settimane: ormai non basta più». La crisi “morde”. E l’onda lunga del lockdown e delle conseguenze sull’economia si fa sentire in città. Anche se chi è in prima linea per aiutare le persone in difficoltà ha una certezza: «In autunno capiremo veramente l’entità del danno economico causato dal virus».

L’ultima spiaggia della povertà, ovvero il luogo dove si fa fronte alla grave marginalità, è la mensa dei poveri di via Lambertenghi, gestita dalla casa dei missionari Vincenziani: «Durante il lockdown - spiega padre Francesco Gonella, responsabile della struttura comasca - siamo arrivati a distribuire anche cinquecento pasti al giorno. Oggi prepariamo cento pasti a pranzo e cento per la cena. Purtroppo possiamo solo consegnare il sacchetto con il cibo, perché per via delle regole contro il Covid non possiamo ospitare fisicamente le persone. E questo è un problema». Situazione peggiorata? «Al momento no - conferma Francesca Torchio, da 23 anni volontaria dei vincenziani e cuoca della mensa - Tra gli utenti la metà sono stranieri, gli altri italiani. Tra questi molti sono pensionati, e sono aumentati i padri separati e qualche persona rimasta senza lavoro a causa del Covid».

«Io temo - conclude padre Francesco - che tra settembre e ottobre i numeri aumenteranno».

Numeri allarmanti

Stesso timore di Sonia Bianchi, presidente del Banco di Solidarietà: «A luglio - spiega - le famiglie a cui consegnavamo il pacco alimentare erano circa 400. Con settembre ci aspettiamo purtroppo un incremento: già questa settimana ci vedremo con i volontari per fare il punto della situazione».

Numeri precisi e complessivi sulla situazione delle nuove povertà in città non ce ne sono, ma basterebbe sommare una serie di numeri provenienti da varie realtà: i 100 utenti della mensa dei poveri, i 400 pacchi alimentari del Banco di Solidarietà, i 45 del gruppo San Vincenzo della parrocchia di Sant’Agata (in città ci sono altri tre gruppi attivissimi sul fronte della consegna degli aiuti a chi è in difficoltà) e si fa presto a superare le seicento famiglie.

«Fino a luglio la richiesta di buoni spesa, pacchi alimentari ma anche di poter accedere al fondo diocesano (un fondo di solidarietà che dà sostegno alle persone che si trovano in una difficoltà economica e occupazionale creata o aggravata dalla pandemia ndr) ha avuto un crescendo impressionante - ricostruisce Giuseppe Speziale, presidente del consiglio direttivo della società San Vincenzo - Sentendo i vari gruppi cittadini, a Sant’Agata, San Giorgio, San Bartolomeo e ad Albate, tutti hanno sottolineato come le richieste di aiuto fossero in aumento».

Così a Sant’Agata

La conferma arriva da Matteo Tomaselli, responsabile del gruppo San Vincenzo a Sant’Agata: «Dal lockdown la situazione è peggiorata e a dircelo sono i numeri. Siamo passati da 33/34 assistiti a ben 45 famiglie bisognose di aiuto. Non solo: si sono accorciate anche le cadenze. Prima distribuivamo il pacco una volta al mese, adesso dopo tre settimane. Segno che le difficoltà sono aumentate: prima un piccolo reddito molte famiglie lo avevano, così riuscivano a integrare il nostro aiuto. Ora dobbiamo dar loro una mano anche per il pagamento delle bollette. Abbiamo calcolato che da maggio, ogni mese, abbiamo distribuito 600 chili di beni alimentari essenziali. La domanda è: ce la faremo a continuare a gestire nuove richieste di aiuto?».

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