Dai leoni da tastiera ai bus fermi
L’alfabeto (semiserio) della neve

Le proteste per i marciapiedi non ripuliti e i camion senza catene fermi in coda

Il venerdì bianco è dietro le spalle. Vale la pena di fare un bilancio (poco ragionato) per non prenderci troppo sul serio.

A come apocalisse. Se si mettessero in fila i post dei social e le pagine dei giornali, si dovrebbe arrivare alla conclusione di avere avuto a che fare con un fenomeno eccezionale. In realtà, sono caduti (mediamente) una quindicina di centimetri di neve, peraltro spazzati via dalla pioggia in poco più di 24 ore. In inverno, naturalmente, mica al 15 di agosto che quello sì, qualche riflessione apocalittica l’avrebbe meritata.

B come badile. Sono rispuntati come per magìa dalle cantine di genitori e nonni. Quelle belle pale rosso sgargiante che non mancavano in nessuna famiglia. Perché una volta, quando c’erano le mezze stagioni e pure quelle intere, bastava alzarsi mezzora prima, riempire un thermos di caffè, ripulire il vialetto di casa e andare a lavorare.


C
come catene
. E pensare che le gomme da neve, fino a pochi lustri fa un lusso per pochi, dovrebbero agevolare tutti. A novembre si mettono, ad aprile si tolgono: si risparmiano quelle estive e si circola in libertà. Altro che quelle complicatissime catene della nostra gioventù che ci voleva un ingegnere per montarle, senza contare che decifrare il minuscolo foglietto delle istruzioni al buio, con la neve che cade e i guanti di lana inzuppati dopo un nano-secondo non era esattamente agevole. Eppure centinaia di automobilisti giravano imperterriti con le loro superberline danzando come tanti Roberto Bolle sul palco della Scala.


D
come denaro
. Non è un dettaglio in questi tempi di recessione tecnica che non è ben chiaro cosa vuol dire ma, ad occhio, si intuisce che non c’è un euro. La Provincia dice che, per quanto di competenza, ci è costata 250 mila euro, un quarto del budget biennale a disposizione. Che Dio ce la mandi buona. Anzi, che non ce la mandi proprio più.


E come Europa. La domanda, diceva quello, nasce spontanea. Ma se alle nostre latitudini (lasciamo stare Roma e dintorni ) c’è un simile clima di tregenda per 15 centimetri di neve, che cosa mai accadrà ad Oslo, Stoccolma, San Pietroburgo ed Helsinki? La vita si ferma per nove mesi l’anno?


F
come facebook
. Qualcuno, con un eccesso di disinvoltura, definisce il social più famoso come una infinita cloaca elettronica. Di sicuro, fenomeni emergenziali come questo (ma va là…) ci hanno fatto capire che solo i dibattiti sulla meteorologia possono competere con le foto degli animali o i selfie. Per due giorni non c’è stata partita.

G come giornali. Superati dalla rapidità della rete, hanno cercato di capire e analizzare, senza rinunciare a raccontare fatti e personaggi, a favore di quello zoccolo duro di lettori che si ostina – che Dio li abbia in gloria – a ragionare con il nero su bianco anziché smanettare sulle tastiere. Sforzo inutile? Ci piace pensare di no.

H
come hater
. O per dirla all’italiana “odiatori”. Quelli che una volta ti mandavano a quel paese all’incrocio. E che adesso riversano (moltiplicata dall’invisibilità) tutta la loro rabbia (di vivere?) in uno schermo supertecnologico. Naturalmente protetti dall’anonimato perché i leoni da tastiera sono in realtà delle pecorelle incattivite, pronte a tornare nel gregge se putacaso qualcuno gli fa bau davanti al naso. Basta una nevicata, per scatenarla, in un continuo susseguirsi di luoghi comuni.

I come inverno. In autunno cadono le foglie, in inverno la neve, a primavera gli alberi sono in fiore e in estate si suda. Ce lo insegnano alle elementari eppure siamo ancora qui a lamentarci perché il 31 gennaio nevica.

L come lamentele. Questa è una lancia spezzata a favore di sindaci, assessori, consiglieri, consiglieri di circoscrizione, stradini, presidenti delle Pro Loco e della San Vincenzo e chiunque abbia un ruolo anche soltanto vagamente pubblico. Additati di ogni male, dalla progressiva scomparsa delle api fino alla strada che, udite udite, non viene ripulita da uno spazzaneve in servizio permanente attivo. Perché pensiamo tutti al bene comune, ovviamente, ma poi l’unica cosa che importa è che il tratto di strada davanti a casa nostra sia un biliardino.È forse l’unico momento in cui ci sentiamo di solidarizzare con chi sceglie di rappresentarci.

M come marciapiedi. Sembra una barzelletta, a sfrugugliare tra le pagine facebook. Alla mattina ci si lamenta mediaticamente, in un delirio di applausi e condivisioni, per i marciapiedi che non sono stati ancora ripuliti. A mezzogiorno segue immagine del marciapiede ancora innevato (fondamentale l’inquadratura, rigorosamente dal basso) e a sera l’inevitabile conclusione: “Vergogna, anche noi paghiamo le tasse”. Che goduria quel sindaco che, mettendo a repentaglio la rielezione, ha allegato in risposta l’immagine di un badile: “Nel tempo impiegato per scrivere questi post, avresti spalato l’intera via”. Un mito.

N come neve. Nel senso delle previsioni. Una volta pigliavamo per i fondelli gli inglesi che sul weather today ci costruivano intere trasmissioni. Adesso non c’è telefonino che non abbia una sfilza di app a tema, con l’impossibile promessa di dirti “che tempo che fa” nel tuo minuscolo paese e nella tua minuscola viuzza, come se in quella a fianco la situazione fosse poi tanto diversa… Il bello è che tutti si improvvisano previsori e, da una app all’altra, si passa dalla pioggia debole alla neve intensa. Ci sono persone che appena sveglie aprono il telefonino per vedere il tempo che fa. Non ditegli che basterebbe alzare la tapparella.

O come opposizioni. Quelle che ci sono in ogni comune. Anche in questo caso è la rete a governare il movimento. Se la giunta è di centrodestra, ecco i paladini della trasparenza a rovesciare contumelie al grido di “se ne fregano del popolo che va al lavoro”. Se la giunta è di centrosinistra, avanti tutta a rimpiangere i tempi in cui i treni arrivavano in ritardo e la neve si fermava sui tetti senza neppure toccare terra.

P come provincia. Nel senso di strade provinciali. Ci sono 555 chilometri di strade sovraccomunali, sulle quali si sono riversati 57 mezzi spazzaneve con una spesa di un quarto di milione. Ma, per i lamentosi ad oltranza, è sempre una vergogna, un magna magna, un dov’era la Provincia?. Scusate, ma non eravate voi a volerle sopprimere che tanto non servono e ci pensano Zaia, Fontana e Chiamparino?

R come ruspe. O come spazzaneve. Provincia e Comuni li hanno messi in campo a profusione, facendoli precedere la sera prima dallo spargimento del sale. In realtà hanno lavorato e pure bene se è vero che tutte le principali arterie erano in condizioni più che accettabili. Al netto degli automobilisti senza catene, si capisce. Ma, a quei geni del volante, le ruspe dovrebbero passare sopra. Avanti e indietro un paio di volte.

S come scuole. Il trionfo della mammite, la piaga italiana. I sindaci che le hanno chiuse preventivamente si sono sentiti rovesciare addosso di tutto: “E adesso dove la trovo una baby sitter alle 7 di sera?”. “E chi mi ripaga del giorno di ferie che dovrò chiedere per accudire il pargolo rimasto a casa?”. Quelli che invece le hanno lasciate aperte… lo stesso: “Vergogna, come è possibile mettere sulle strade innevate i bambini con il rischio che si facciano male?”. Che nostalgia dei tempi in cui a nessuno veniva in mente di chiudere nulla. Chi non riusciva ad andare a scuola, rimaneva sotto le lenzuola o scendeva in giardino a tirare palle di neve. E il giorno dopo c’era la giustificazione firmata da papà. Troppo semplice, vero?

T come treni. Ci sono stati ritardi sulle linee provinciali e regionali. Ma in realtà nessuno se ne è accorto. Accade lo stesso in primavera, autunno ed estate. Di mattina presto e di sera tardi, Nei giorni feriali e in quelli festivi.

V come volontari. E non ci riferiamo soltanto ai tanti uomini della protezione civile che hanno trascorso ore e ore a spalare neve, ripulire marciapiedi e liberare tombini. Ci sono stati anche numerosi casi (di cui abbiamo riferito su La Provincia) di bella gioventù che ha deciso di impiegare il proprio tempo libero mettendosi a disposizione degli altri. E una parola la meritano anche i sindaci immortalati dai telefonini mentre davano il buon esempio a rimuovere cumuli di neve o a regolare il traffico impazzito. Mentre i loro cittadini, nella migliore delle ipotesi, li elogiavano con un post. Ma stando bene attenti a non uscire di casa che nevica.

Z come zero. Il voto in condotta che ci dobbiamo dare un po’ tutti. Se ciascuno avesse ripulito dieci metri davanti a casa, non ci sarebbe stata neppure la metà delle polemiche. Tutto dovuto, evidentemente. Meritano una citazione, invece, quelle persone che hanno utilizzato i social per immortalare la bellezza della natura imbiancata dalla neve. Perché bisognerà pure dircelo, che la natura – anche quanto tira vento o cade la neve dal cielo – è uno spettacolo che ci lascia a bocca aperta.

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