Dipendente licenziato dall’università dell’Insubria. Lui fa causa e accusa: «È stata una ritorsione»

Il caso Un ex assistente tecnico in servizio a Como lamentava disparità di trattamento rispetto ai colleghi di Varese. Ora dice: «Punito perché ne ho parlato con i giornali»

Dopo essere stato licenziato dall’Università dell’Insubria per «assenze giornaliere e orarie» e per «omesse timbrature non convalidate», fatti risalenti al mese di luglio e di dicembre del 2021 e contestati a fine febbraio 2022, ha deciso di partire in contropiede portando l’Ateneo di fronte al giudice del lavoro (di Varese) contestando il presunto «licenziamento discriminatorio» e anche, appunto, l’eventuale «tardività della contestazione». Perché secondo il lavoratore, Mario Ferraro, 43 anni, assistito dall’avvocato del foro di Como Fabio Ansideri, i motivi sarebbero da ricercare in altro, ovvero nelle lamentele - poi finite anche sui giornali - che il lavoratore aveva portato avanti per un differente trattamento economico rispetto a chi, in altre sedi dell’Ateneo, svolgeva le stesse mansioni, ed anche per le proteste in merito alla legittimità del trattamento sul regime di reperibilità.

Disparità di trattamento tra Como e Varese

La causa, di fronte al giudice del lavoro, è stata fissata come prima data per il mese di aprile. La storia – complicata e ancora in piena evoluzione, fatto salvo per il licenziamento che invece è già effettivo – parte qualche mese fa, ovvero il 16 settembre del 2021 quando il dipendente, assunto con la qualifica di assistente tecnico alla sede di Como dell’Università dell’Insubria (dipendente dal dicembre del 2018) segnala ai vertici dell’Ateneo – a suo dire – presunte illegittimità nel trattamento a lui riservato, con turni di reperibilità continuativa sia si giorno che di notte essendo l’unico addetto di Como con queste mansioni. Inoltre, nella stessa missiva, il dipendente lamentava indennità di reperibilità inferiori rispetto a chi si occupava delle sedi dell’Insubria a Varese, Busto Arsizio e Saronno. Le contestazioni dell’Ateneo nei confronti del dipendente partirono dopo questa iniziativa, ovvero nel mese di febbraio del 2022. Una relativa a un presunto episodio di insubordinazione (già estinta) e un’altra per il secondo motivo accennato all’inizio che ha poi portato al licenziamento. L’ex dipendente dell’Insubria ha però impugnato il licenziamento, datato 23 maggio 2022, avvenuto quando l’istanza di conciliazione era stata appena aperta (il 2 maggio).

La contestazione? «Tardiva»

Secondo l’avvocato del lavoratore, si tratterebbe però di un «licenziamento discriminatorio» con un «chiaro intento ritorsivo da parte del datore di lavoro» anche perché la notizia era poi «stata pubblicata sulla stampa locale».

Motivi che hanno portato ad impugnare il licenziamento e a chiedere una indennità pari a «15 mensilità dell’ultima retribuzione», non volendo chiaramente il lavoratore far rientro ora all’Insubria. Inoltre, il legale contesta anche la «tardività della contestazione» in merito agli orari non rispettati di lavoro che portarono al licenziamento, con un procedimento disciplinare avviato con «sette mesi di ritardo dal primo episodio» e «quattro dall’ultimo», in modo tale da rendere «difficile la difesa del dipendente», e questo nonostante un «sistema informatico di controllo delle presenze» che dunque le certifica in tempo reale. Posizioni, queste, che sono ovviamente quelle dell’ex dipendente in attesa del deposito della memoria difensiva dell’Ateneo che dovrà avvenire entro 10 giorni prima dell’udienza. Poi la palla passerà al giudice del lavoro.

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