Eleca, bancarotta da 167 milioni
Dopo sette anni niente processo

Troppe udienze, il Tribunale rinvia il dibattimento di altri 4 mesi. Tre sotto accusa per il dissesto della società canturina costato il lavoro a 140 persone

A sette anni dal fallimento milionario della Eleca e a cinque da quello della Jolly Immobiliare, sembra ancora impossibile arrivare al via del dibattimento per bancarotta fraudolenta a carico del fondatore, Roberto Manzoni, della moglie Franca Bianchi e del cognato Angelo Radice.

La sfilata dei primi testimoni di un processo che si prevede lungo e particolarmente complesso, infatti, era prevista per la giornata di ieri, ma il processo è stato aggiornato al prossimo mese di maggio. Questo perché - ha messo nero su bianco il presidente della sezione penale - il Tribunale deve, «in prospettiva di una riorganizzazione delle composizioni dei collegi, definire nel mese di gennaio una serie di processi, anche con imputato detenuto».

Parliamo di una delle bancarotte più grosse degli ultimi anni nel Comasco che, nel giro di poco tempo, ha spazzato via la galassia Manzoni di Cantù. Prima la Eleca (poi diventata Elettro33) finita improvvisamente in crisi e fallita nel 2013 con un passivo di 67 milioni di euro, dopo un tentativo di concordato preventivo, terminato decisamente male.

Quindi la Jolly Immobiliare amministrata dalla moglie di Manzoni, fallita due anni più tardi con un passivo di cento milioni di euro.Infine la Mediana srl, amministrata tra gli altri anche dal cognato Radice.

Un dissesto, quello legato a Eleca, costato caro a 140 lavoratori che, dopo aver dovuto rinunciare agli stipendi nella speranza di poter salvare la ditta, si sono ritrovati all’improvviso senza un’occupazione. Complessivamente i creditori ammessi al massivo sono 700 tra i quali tutti i dipendenti, ma anche decine di piccoli artigiani mai pagati da Eleca.

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