Emergenza coronavirus
Stretta ai valichi, non si passa più
Respinti in 250: «Senza permesso»

Giornata di tensione e molta incertezza - A Berna è stato proposto di consentire l’accesso ai soli operatori sanitari

«Senza i frontalieri, il sistema sanitario ticinese non potrebbe funzionare normalmente. Il virus non si ferma alle frontiere».

Ci è voluto l’intervento a metà pomeriggio del ministro federale Alain Berset a stoppare sul nascere l’ennesima giornata dai toni forti in Canton Ticino, con i nostri lavoratori - ieri regolarmente al loro posto - ancora al centro del dibattito politico in un Cantone che senza i frontalieri fermerebbe le lancette dell’economia in una manciata di giorni. Un inizio di settimana che ha visto il Gran Consiglio - cioè il Governo di Bellinzona - riunirsi a Palazzo delle Orsoline, lasciando letteralmente fuori dalla porta i parlamentari che domenica sono stati in “zona rossa” ovvero in Lombardia.

«Perché i parlamentari no e i 70 mila frontalieri sì?», ha chiesto con i crismi dell’ufficialità la deputata dell’Mps, Angelica Lepori. E come se non bastasse ieri l’Udc ha depositato a Berna una serie di “proposte strategiche” che, per i frontalieri, prevedono «l’ingresso solo di figure come medici e infermieri, obbligandoli a soggiornare in Ticino per evitare di aumentare il rischio di contagio». Il che significa: stop all’ingresso degli altri permessi G e dogane chiuse. In realtà, lo spauracchio di possibili provvedimenti shock da parte del Governo di Berna (l’unico deputato a dialogare con gli altri Paesi, a cominciare dall’Italia) ha indotto o sta inducendo un numero sempre maggiore di aziende a far soggiornare - al momento sino a venerdì - frontalieri che occupano posizioni strategiche all’interno del Cantone.

Insomma, l’invito di molti datori di lavoro - di cui avevamo dato conto su “La Provincia” - a tenere una valigia in macchina si sta giorno dopo giorno concretizzando. Da segnalare anche il ricorso su larga scala - già da due o anche tre settimane - del telelavoro (per chi può, naturalmente). Sempre sul tema dei frontalieri e dei transiti alle dogane, ieri pomeriggio è intervenuta anche la solerte amministrazione federale delle Dogane, che ha spiegato al Corriere del Ticino come «l’obiettivo principale sia quello di individuare particolarità o movimenti straordinari nel traffico frontaliere». Insomma, al momento chi si reca nel Cantone di confine esclusivamente con permesso G alla mano non corre pericoli. E alle porte non c’è alcun controllo “straordinario” degli ingressi ai valichi. Anche se TeleTicino ha annunciato citando la polizia cantonale che ieri sono state respinte ai valichi oltre 250 auto con targhe italiane dirette in Ticino non per motivi di lavoro. Un dato rilevante, considerato il risalto dato domenica all’ingresso da ieri dei soli frontalieri con permesso di lavoro in bella vista. La situazione comunque è in continuo divenire. L’impressione è che davvero i 4200 frontalieri impiegati nel segmento della sanità ticinese rappresentino un “pilastro” non solo per ospedali e strutture del Cantone, ma per l’intera rappresentanza di nostri lavoratori presente nel Cantone.

«La situazione è seria e delicata. Le misure vanno valutate di ora in ora. Lo scopo è la protezione della salute, delle persone più fragili e la tutela del buon funzionamento del sistema sanitario. Ci troviamo in una situazione difficile che durerà diverse settimane», l’affermazione perentoria del ministro ticinese con delega alla Sanità, Raffaele De Rosa.

Sono 68 i casi di coronavirus accertati in Canton Ticino contro i 370 complessivi di cui ha dato notizia ieri Berna. Il Canton Ticino anche ieri ha manifestato un certo disappunto per non essere stato coinvolto dall’Italia nelle varie decisioni in atto, considerato che - per dirla con il deputato Fabio Regazzi - «noi siamo il più importante datore di lavoro della Lombardia». Oggi è previsto un nuovo punto operativo della situazione.

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