Fase2: sul treno con i pendolari
Poca gente, nessun cartello

Da Como a Milano e ritorno: non c’è folla, deserta la metropolitana. Cadorna: il solo assembramento è dei cameramen. Regole rispettate sui bus

«Venite, vi facciamo riprendere un treno predisposto con tutta la segnaletica» chiosa un uomo con la divisa di Trenord mentre i cameramen delle televisioni, alla stazione di Cadorna, si affollano (nell’unico assembramento visto in giornata) attorno al treno appena arrivato da Como Lago. Un invito quanto mai opportuno, visto che sul convoglio partito da Como alle 7.16 e arrivato a Milano alle 8.17 di segnaletica su come evitare di viaggiare troppo appiccicati l’uno all’altro non ce n’era neppure l’ombra (ad eccezione di un paio di coppie di volontari appesi in due vagoni che raccomandano il metro di distanza). Nessun cartello sui sedili, niente bolli adesivi o nastri per terra (ma Trenord fa sapere: stiamo provvedendo. La delibera regionale è arrivata solo giovedì scorso).

Le voci dei passeggeri

Fortunatamente, nella prima giornata da pendolare della fase 2, non c’è stato bisogno di queste cautele. Pochi passeggeri, tutti rispettosissimi di distanze e regole. Tutti quanti con mascherina d’ordinanza. Qualcuno - non tutti - con guanti al seguito. E tutti seduti rispettando le indicazioni che impongono almeno un metro tra un viaggiatore e l’altro. Il treno è perfettamente in orario. Alla stazione di Como Borghi Wagner Paolino, dipendente di una ditta di Montano Lucino, torna a viaggiare per la prima volta dall’8 marzo: «A parte qualche viaggio al supermercato, questa è la prima vera uscita. Preoccupato? Diciamo che se stiamo tutti attenti con mascherine, guanti ed evitiamo di stare troppo vicini, no».

Gioele Guraneri, invece, lui non ha mai smesso di viaggiare in treno da Como a Lomazzo: «Faccio il grafico in una legatoria e abbiamo sempre continuato a lavorare - spiega - Nelle scorse settimane sul treno eravamo davvero pochissimi. Oggi è il giorno in cui vedo più passeggeri, da due mesi a questa parte». Ma se pensate ai treni stipati tipici dei pendolari, non ci siamo proprio: per ogni scompartimento si arrivava difficilmente a raggiungere il numero di 5 o 6 passeggeri al massimo.

Davide Grandi è un avvocato, comasco lavora a Milano: «Sono andato qualche volta, ma raramente. Nel periodo del lockdown avevi la sensazione di avere tutto il treno per te. I controlli erano serratissimi: a Cadorna ti chiedevano sempre l’autocertificazione». A Portichetto sta per scendere Rosario Radaelli: «Lavoro in una ditta di logistica nel settore alimentare, per cui no: non mi sono mai fermato». E neppure Stefano Longo, guardia dell’ospedale Valduce, ha mai smesso di fare il pendolare: «Torno a casa dopo il turno della notte. Per fortuna anche in ospedale la situazione si sta facendo più tranquilla». Maria Rotai fa la collaboratrice domestica in due famiglie: «Con una, a Milano, ho dovuto interrompere. Ma con l’altra di Rovellasca ho sempre continuato il lavoro. Paura a muovermi con il lockdown? Ho più paura adesso, se i treni si riempiono». Primo viaggio dall’8 marzo, invece, per Agostino Seresini, biologo del Policlinico: «Altri miei colleghi non hanno mai smesso, il mio gruppo ha lavorato, per quel che ha potuto, in smart working».

Ritorna a casa a Milano dopo la quarantena, invece, Francesca Toscano: «Quando hanno deciso di chiudere tutto mi sono trasferita da mia sorella, in provincia di Como. Per fortuna: così, almeno, ci siamo tenute compagnia». A Cadorna l’apertura delle porte del treno non si tramuta nel consueto fiume di passeggeri diretto all’uscita. Per certi versi sono più numerose le troupe televisive, impegnate a raccontare il primo giorno della fase 2. Uscendo si passa davanti a un body scanner che segnala la presenza di persone con temperature oltre i 37,5 gradi.

Pochissime persone anche in metropolitana, nonostante l’ora di punta. Atm ha rivoluzionato le stazioni dividendo i percorsi per chi accede al metrò e chi invece deve uscire. Impossibile - o quasi - che i flussi opposti vengano in contatto. Per far questo, ovviamente, alcuni tragitti si sono fatti più tortuosi. Alla Feltrinelli Babitonga c’è un altro volto comasco: il direttore, Giovanni Magatti: «Ho preferito l’auto, oggi. In 50 minuti da Como sono arrivato proprio qui davanti. Ma da domani si cambia».

Anche la stazione centrale è stata trasformata per creare sensi unici e impedire ai passeggeri in arrivo di scontrarsi con quelli in partenza. Sulla banchina una donna discute animatamente con il personale di Trenitalia: «E io come ci torno a casa? Sono due mesi che sono bloccata a Como». Lei è Fonte Fantasia, attrice teatrale, si trovava sul Lario per una produzione teatrale saltata a causa del Covid: «Devo rientrare in Puglia, mi hanno fatto saltare il treno. E ora non mi vogliono far partire».

Così sui bus in città

Parte in orario, invece, il Tilo di rientro a Como. Anche qui neppure un cartello di avvertenza su come piazzarsi per evitare assembramenti. Ma il convoglio è di fatto vuoto: 5 passeggeri in tutto. Un terzo rispetto a chi era sui bus della linea 1 stamane. «Passeggeri con i guanti pochi, con le mascherine tutti - racconta un autista - Problemi? Nessuno, anche se c’è qualche passeggero in più, tutti hanno rispettato le regole».

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