I migranti in città sono saliti a 1.500
E ora cresce la tensione

Numeri in forte aumento, proteste a San Rocco

La Caritas: «Evitare che finiscano in mano alla malavita»

Allarga le braccia sconsolata la signora Giuseppina Rossini, da una vita abitante della zona: «Va bene la carità – spiega – ma è davvero un disastro. Fanno casino la sera, li sento dal balcone. Ho dovuto chiamare i carabinieri due volte».

C’è malcontento fra i residenti di piazza San Rocco. Il motivo? La convivenza, sempre più difficile, con i migranti nella piazza di fronte alla chiesa. Molti abitanti hanno aderito alla raccolta firme - destinatarie le istituzioni - per protestare contro la loro presenza. Si parla, in particolare, di schiamazzi, alcol, atteggiamenti aggressivi e spazi verdi utilizzati come servizi igienici. Anche l’esponente della comunità islamica Sawfat El Sisi aveva espresso, nelle settimane passate, le sue rimostranze, presentando anche un esposto in questura. E ad aprile il Consiglio pastorale di San Bartolomeo aveva inviato una lettera a sindaco e prefetto chiedendo un intervento «per cercare di gestire questa situazione». «I cittadini comaschi - scriveva - hanno diritto ad andare in chiesa senza paura e di camminare in un ambiente pulito, così come gli stranieri o i senza fissa dimora hanno diritto ad aver un bagno, dell’acqua per lavarsi e un posto per dormire».

«Chi protesta ha ragione - commenta Vanda Parravicini – è una zona in cui è venuto meno il rispetto, anche prima dell’apertura del centro di via Regina». «A me non sembra sia così drammatica – specifica invece Angela Traversa - non mi hanno mai creato problemi. La situazione va monitorata, quello senza dubbio». Chiacchierando con i residenti si ricorda come, in ogni caso, il quartiere sia sempre stato un po’ trascurato. «Sì, ci sono e sono tanti. Alcuni pure indisponenti. Però, rispetto ad altre zone, non è mai successo nulla di che», spiega Alfredo Castorani della tabaccheria.

«Abito qui da 33 anni – commenta Domenico Esposito – e ora è impossibile vivere. La sera è come se ci fosse il coprifuoco: non esce la gente, le case non valgono più niente. Utilizzano gli spazi per fare i loro bisogni». Pure Emmeya, proprietario del market dello Sri Lanka, racconta di atteggiamenti aggressivi. Ieri, attorno alle 11.30, i migranti erano una trentina. Un paio riposavano sotto il portico dell’oratorio, poco distanti dai bagni chimici piazzati dal consiglio pastorale. Gli altri erano seduti sulle panchine, i sacchi della spazzatura trasparenti appesi agli angoli. «Dormiamo alla Val Mulini, altri invece qui – racconta Saliou, un ragazzo della Guinea - Alcuni fanno casino, è vero. Noi parliamo con loro, ma non siamo tutti uguali».

L’incremento di migranti a Como (rispetto a maggio oltre 300 in più) oltre ad aver creato momenti importanti di solidarietà, ha generato situazioni delicate e complesse che richiedono attenzione da parte della città e delle istituzioni. A Como sono presenti circa 1.200 richiedenti asilo ospitati nei “Cas”. Al centro di accoglienza temporaneo di via Regina ci sono 220 persone. A passare la notte in strada sono circa 120 migranti, in buona parte riparati all’autosilo Val Mulini (una settantina), a San Rocco e per le vie di Como. In totale, quindi, oltre 1.500. Durante il giorno, gran parte di loro passano il tempo nella zona dei giardini a lago, all’ex zoo, in via Regina (fuori dal campo) e via Sirtori (mercato coperto).

Dall’estate scorsa non ci sono mai stati gravi problemi di ordine pubblico, gli ultimi mesi segnano un incremento consistente di fermi ai danni di persone ospitate nei centri. Oltre alla zona attorno al Tempio Voltiano e al Monumento ai caduti, al centro delle cronache per arresti di profughi e migranti, anche via Sant’Elia e il giardinetto registrano casi di spaccio di sostanze stupefacenti di ragazzi originari dell’Africa. «A San Rocco – spiega il direttore della Caritas Roberto Bernasconi – la grossa concentrazione di persone può portare ad alcuni disagi. Nel nostro limite e nelle nostre possibilità ci stiamo muovendo per aiutare e scaricare la pressione da quella zona. Stiamo ragionando seriamente per trovare posti alternativi dove distribuire la colazioni». Bernasconi, come in altre occasioni, sottolinea il pericolo di un contatto fra la criminalità organizzata e il mare magnum dei richiedenti asilo presenti sul territorio: «Dove c’è manovalanza a basso costo – dice – si muove pure una malavita locale, che sfrutta queste persone per scopi non onesti e li mettono in condizioni di rovinarsi. Non è un quantitativo grosso, ma il problema c’è. Ci vuole, quindi, massima attenzione: con i centri di accoglienza legati a noi stiamo lavorando affinché non s’inseriscano in questi giri».

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