Il calcio come la storia
Lecco sceglie Monza

Allo stadio un derby che racconta molto degli equilibri nel territorio: «Lo spiegava già Manzoni»

Meglio Monza che Como: parola di Lecco.

Oggi si parla di “aree vaste”, e di una possibile riunificazione. Ma se a Como il dibattito per ora appassiona solo gli esponenti delle istituzioni, a Lecco sono scesi in campo persino i tifosi che domenica pomeriggio allo stadio, hanno esposto uno striscione di amicizia con Monza in funzione anti comasca (per la cronaca il derby è finito 3 a 3).

Ma davvero comaschi e lecchesi non possono andare d’accordo? Gianluigi Daccò, già direttore dei Musei civici di Lecco, e appassionato di tutto ciò che unisca storia a società ha una sua idea. «Premetto che eventuali connubi socio-economici con Monza li trovo demenziali da un punto di vista oggettivo - ha detto, ovviamente dalla sua prospettiva lecchese - Monza è una periferia di Milano. Già il fatto che esista una provincia monzese di 200 chilometri quadrati, mi sembra ridicolo. Mi sembra assurdo pensare un collegamento con Monza intesa come periferia. Vedo molto più logica la creazione di un’alta Lombardia con Varese-Como-Lecco-Sondrio unite».

Eppure Lecco per Dacco è orientata verso Milano. Ecco spiegate le ragioni di tale antica antipatia con noi comaschi: «Noi siamo milanesi. Non lo dico io ma Alessandro Manzoni che nel sottotitolo dei Promessi Sposi scrive “Storia milanese del XVII secolo”. E Renzo Tramaglino quando va a Bergamo parla di “Noi milanesi”. I lecchesi si sono sempre considerati milanesi di montagna». Le uniche guerre combattute dai lecchesi come Comune sono stati contro i comaschi. «È così - ammette Daccò -. E la ragione, che viene da lontano, è evidente: due centri sullo stesso lago che intercettavano i rapporti commerciali al di là delle Alpi, attraverso lo Spluga, soprattutto nell’alto Medioevo, erano concorrenti. E questa effettiva concorrenza, diventando il centro di Lecco e la parte orientale del Lario milanesi, fu sempre contro la parte occidentale comasca».

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