Il cardinale alla veglia pasquale: «Sperimentiamo la consolazione e la pace. L’odio deprime l’animo»

Fede Le parole di monsignor Cantoni in Duomo: «La nostra vita sia un dono»

Gradualmente, il buio della notte che domina la Cattedrale ha lasciato posto al chiarore della luce. Un’immagine potente e decisamente non casuale: qui è racchiusa l’essenza della Pasqua, il cuore del passaggio di Cristo dalla morte alla vita. Ed è su quest’aspetto che ieri sera, nella solenne Veglia di risurrezione, il vescovo Oscar Cantoni si è soffermato nell’omelia. «Il buio – ha detto il cardinale – interpreta e riassume la nostra fragile e inquieta condizione umana, ma nello stesso tempo richiama l’anelito della nostra umanità che vorrebbe uscir fuori dalle funeree condizioni di morte, di lutto, di incertezza e di dolore, dalla straziante soggezione del male, di cui siamo sazi e che deprime l’animo di tutti».

Non è un caso, dunque, che la celebrazione più importante di tutto l’anno si apra con la liturgia della luce. «Ecco il Vivente Signore, Cristo risorto, che irrompe dentro il buio delle nostre notti e le trasfigura. Solo lui riesce a liberarci dalle nostre condizioni più oscure e ci dona la possibilità di una vita nuova, splendente di luce, di gioia e di pace».

Prima l’impetuoso braciere che ha illuminato gran parte della piazza del Duomo, poi la benedizione del cero pasquale e il suo ingresso lungo la navata, «proprio per indicare l’irruzione di Dio, che interviene a salvare l’uomo dentro la sua storia peccaminosa mediante la morte e la risurrezione di Cristo»: riti particolarmente significativi, a ricordo della «forza liberatrice di Dio» menzionata nella liturgia della Parola, con le letture dall’antico testamento.

Dopo i giorni del silenzio, la Cattedrale ieri notte è tornata a splendere, con la luce e con il canto dell’inno di lode, accompagnato dal suono festoso delle campane e dell’organo. Anche i gesti, insomma, come sempre succede, hanno testimoniato la gioia della Risurrezione: così è per i fedeli, oggi, mentre lo stesso non si può dire per le donne al sepolcro che duemila anni fa accolsero dall’angelo l’annuncio.

«Il vangelo della risurrezione, nella versione dell’evangelista Matteo, testimonia la paura e lo sgomento delle donne che per prime incontrano il Signore risorto. Un avvenimento sconvolgente, del tutto inaspettato, al di là di ogni immaginazione». Sembra un ossimoro, ma, «davanti a una tomba, le donne sentono parlare di vita. Il Crocifisso risorto si rivela ad esse perché, a loro volta, sia pure nella fragilità, ma con un ruolo decisivo, possano essere le apostole degli Apostoli».

Allo stesso compito sono stati chiamati anche i due adulti – Alba, della parrocchia di Breccia, e Karim, di Montano Lucino – che, nel corso della celebrazione, hanno ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione cristiana, ossia il Battesimo, l’Eucarestia e la Cresima.

Dal vescovo – che stamattina, alle 10, sempre in Cattedrale, celebrerà il solenne pontificale di Pasqua con la benedizione papale – un richiamo, infine, alla gioia, che ci rende «testimoni credibili» e che è l’unico modo per «sperimentare la consolazione e la pace, nella certezza di essere figli amati e custoditi con ogni premura dall’amore del Padre, servitori poveri e pacifici del Dio crocifisso, che fonda la libertà delle persone».

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