Il segretario Fiorella
«Il Comune di Como
non funziona più»

Il sindaco si era scagliato contro i dirigenti «Macché, non remano contro. Troppo lavoro pregresso E dopo le paratie, a Palazzo Cernezzi regna la paura»

Un caso di scuola di lancio del sasso nascondendo la mano. Lo scorso settembre il consigliere comunale Fulvio Anzaldo aveva chiesto al sindaco Mario Landriscina i nomi di quei dirigenti che, secondo le sue dichiarazioni di qualche giorno prima, «fermano tutto nonostante l’indirizzo politico». Ebbene, a ottobre il primo cittadino ha risposto, per iscritto: «Non intendevo riferirmi a specifici inadempimenti, ma solo a impressioni personali derivanti da tali comportamenti».

Dunque, Landriscina aveva scherzato? Di che cosa stava parlando allora? Salvo aggiungere subito dopo: «Peraltro, non risultando censurabili, quando sono lecite, le modalità con cui i dirigenti svolgono la propria attività, non ritengo opportuno fornire ulteriori spiegazioni».

Un modo insomma per ribadire, senza dire. Le difficoltà della macchina amministrativa, che sono evidenti a chiunque, allora, da dove derivano? L’ultima tegola, è la sentenza di reintegro della dipendente licenziata a gennaio con l’accusa di aver falsificato gli orari di ingresso al lavoro.

Tra le file della maggioranza si mostra critico il capogruppo di Forza Italia Enrico Cenetiempo: «Per esperienza personale dico che i dirigenti sono uomini dello Stato che fanno unicamente l’interesse dell’amministrazione». E dunque, nessun colpevole? Che non sia invece proprio il livello politico a doverne rispondere?

L’addio

Proprio in questi giorni ha dato l’addio a palazzo Cernezzi il segretario generale, Andrea Fiorella, tornato al Comune dal quale proveniva, Limbiate. Breve la sua permanenza in quel di Como: solo un anno e due mesi.

«Me ne vado anche perché è diventato sempre più difficile lavorare qui» afferma. «Il Comune di Como è un elefante, passano anche otto mesi per congedare una pratica che altrove andrebbe via spedita. Per fare un esempio, il regolamento cimiteriale è ancora quello del 1894, con una modifica del 1972. Mettervi mano sembra impossibile».

Di chi è la colpa? Ha ragione Landriscina a lamentarsi e a denunciare il boicottaggio da parte dei dirigenti? «Macché, i dirigenti non remano contro, semmai è il grande lavoro arretrato che inceppa la macchina. E il problema dunque è al livello più basso, quello dei funzionari di settimo livello, che mancano. Sono loro che istruiscono le pratiche, che fanno il grosso del lavoro. E purtroppo le mancate assunzioni e il mancato ricambio del personale ha creato questa situazione, con un lavoro arretrato che si è accumulato sui tavoli di tutti quelli che operano in Comune. Senza contare poi che il ricorso è una prassi generalizzata. Andrebbe scoraggiata, e invece si è diffusa, al punto una pratica non si chiude mai definitivamente. Bisogna anche riconoscere che cose positive ne sono state fatte come la Ticosa e l’appalto mense».

Le vicende giudiziarie

Nessun ostacolo da parte dei dirigenti, dunque? «Non mi risulta, ci sono personalità più forti di altre, che fanno sentire la propria voce, ma nessuno che lo faccia per andare contro gli indirizzi politici».

E allora, come si spiega questa paralisi? «L’ho detto, con il lavoro pregresso che si è accumulato. Ma anche con un altro elemento che si è fatto largo negli ultimi anni, e cioè la paura. Dopo il caso delle paratie, i dirigenti sono terrorizzati a porre la propria firma sotto agli atti. È un problema grave, dal quale non so come se ne possa uscire».

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