In centro bar e negozi cercano personale. Ma si presentano in pochi. Colpa delle paghe basse o della scarsa voglia di lavorare?

Il caso Bar, negozi e ristoranti della città murata sono pieni di cartelli in cui si offre una possibile occupazione. «Ci arrivano curriculum che non corrispondono a ciò che cerchiamo. E in pochi vogliono impegnarsi nel weekend»

Il lavoro a Como non mancherebbe, eppure il classico cartello dove si segnala la disponibilità ad assumere spesso resta affisso sulle vetrine di negozi ed esercizi pubblici per mesi, in qualche caso anche per più di un anno. I motivi? Molteplici. Da un lato c’è la consapevolezza che appena si tocca questo tasto, a sentire chi ha sostenuto colloqui o è andato oltre l’invio del curriculum vitæ, la colpa è tutta dei possibili datori di lavoro, che proporrebbero paghe inadeguate e turni insostenibili. Ogni giorno le cronache nazionali rimandano casi estremi ed emblematici, ma riportiamo la questione a terra e concentriamoci sul nostro centro storico.

Si cerca personale nei ristoranti e nei bar, negli estetisti e nei negozi di abbigliamento, le due “vasche” di via Luini e via Vittorio Emanuele II sono letteralmente tappezzate di offerte di lavoro, che rimangono inevase. Non che non si presenti nessuno, ma è difficile fare incontrare le esigenze dei titolari con quelle di chi si offre. «Abbiamo esposto questo cartello in cassa almeno un anno fa – spiega Ramona Laguda di Tina Beretta – ma abbiamo ricevuto pochi cv che non corrispondevano a quello che stavamo cercando», ovvero una commessa. E se qualcuno sostiene che le condizioni non sono ottimali, la risposta è tutta nel punto vendita di via Rusconi: «Qui lavorano tredici persone, assieme a me, a mia madre e a mio padre. Alcune persone sono con noi da vent’anni, altre da più di dieci». E la carenza di personale toglie lavoro a tutti: «Siamo costretti a rimanere chiusi la domenica, perché dobbiamo riposare e non abbiamo modo di far turnare il personale senza nuove assunzioni».

«Penso che il problema maggiore sia la concorrenza con la Svizzera, in grado di attirare lavoratori con stipendi che qui non possiamo garantire – spiega Onder Sevki Sutlu dal Farcito di via Cesare Cantù, dove i cartelli “cercasi” abbondano – A chi ce lo fa notare, rispondo che dovremmo applicare anche i prezzi svizzeri, ma giustamente è impossibile, fuori mercato. Noi cerchiamo due figure per la sala e per il bar. Si sono presentati degli studenti, ma danno disponibilità solo per la settimana, mentre a noi serve personale soprattutto sabato e domenica quando la clientela aumenta esponenzialmente, ma per dei ragazzi che cercano solo un lavoretto non va bene».

«Abbiamo effettuato più di sessanta colloqui, gli ultimi tre proprio oggi – racconta Erika Lucchetta dalla gelateria DoppioZero, sempre in via Cesare Cantù – Cerchiamo personale fisso, ma anche stagionali. Siamo in 22 suddivisi in cinque punti vendita, a rotazione, ma d’estate abbiamo necessità di più lavoratori. Quella passata abbiamo lavorato tantissimo, ma è stato massacrante».

Ma non è impossibile: alla piadineria L’Innominato di via Giovio c’è Paolo Ferrara: 22 anni, “quasi 23”, diploma di scuola media inferiore, un passato da assicuratore. «Ma non mi trovavo bene e volevo cambiare. Ho inviato tanti curriculum, poi passando qui ho visto il cartello, ho domandato e mi hanno preso». Già esperto piadinaio? «Per nulla! Solo consumatore, ma mi hanno insegnato tutto e mi trovo benissimo, è un bell’ambiente di lavoro, mi piace e sono contento».

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